lunedì, Settembre 8, 2025

3 palestinesi su 4 attualmente nelle carceri israeliane sono civili, non terroristi o militanti

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Secondo le tre testate, questo sistema di arresti di massa è reso possibile dalla legge sui combattenti illegali, emanata nel 2002 durante la Seconda intifada, che permette a Israele di detenere persone durante i conflitti armati senza riconoscerle come prigionieri di guerra secondo le Convenzioni di Ginevra. La normativa nega inoltre ai detenuti l’accesso a un avvocato per un massimo di 75 giorni consecutivi, creando una situazione in cui i tribunali israeliani estendono quasi automaticamente la detenzione dei palestinesi basandosi su “prove segrete” presentate in udienze che durano pochi minuti.

A evidenziare l’arbitrarietà della definizione di “terroristi” sono gli stessi giudici israeliani. Nei mesi di guerra oltre 2.500 detenuti, inizialmente classificati come “combattenti illegali”, sono stati liberati perché le autorità hanno riconosciuto che non erano realmente militanti. Altri 1.050 prigionieri sono stati scarcerati negli scambi concordati con Hamas, confermando la natura spesso discrezionale delle detenzioni iniziali. Intervistato dalle tre testate, Samir Zaqout, vicedirettore del centro per i diritti umani Al Mezan, che ha rappresentato centinaia di civili nelle carceri israeliane, stima che uno su sette o al massimo sei detenuti abbia legami con Hamas o altre fazioni armate, spesso limitati a una semplice affiliazione politica e non a un coinvolgimento militare concreto.

Civili detenuti e sottoposti a torture e abusi sistematici nelle carceri

Oltre alle detenzioni abusive, le testimonianze raccolte dall’inchiesta dipingono un quadro sistematico di maltrattamenti e torture nelle strutture di detenzione israeliane, pratiche che, secondo i testimoni, colpiscono tutti i detenuti palestinesi, indiscriminatamente. Un soldato che ha prestato servizio nel centro di detenzione di Sde Teiman, struttura divenuta simbolo degli abusi israeliani, ha descritto ai giornalisti l’esistenza di un recinto soprannominato “il recinto geriatrico” perché tutti i detenuti al suo interno erano anziani o gravemente feriti, molti prelevati direttamente dagli ospedali di Gaza durante i raid militari. Secondo la testimonianza del militare raccolta dall’inchiesta, l’esercito israeliano trasferiva regolarmente in carcere gruppi di pazienti dall’ospedale di Beit Lahiya, uno dei principali centri medici del nord di Gaza, tra cui uomini su sedie a rotelle e persone mutilate dai bombardamenti.

Le tre testate riportano, inoltre, che le detenzioni abusive non riguardano soltanto anziani o feriti, ma colpiscono perfino il personale medico di Gaza. Secondo Physicians for Human Rights-Israel (Phri), oltre 100 operatori sanitari rimangono detenuti con l’etichetta di “combattenti illegali”, senza alcuna prova del loro coinvolgimento in attività militari. Le testimonianze raccolte dall’organizzazione e riportate dall’inchiesta descrivono abusi sistematici: medici e chirurghi picchiati fino alla rottura delle costole, sottoposti a elettroshock o costretti a tenere la testa nella ghiaia sotto il sole per ore. Tra le vittime, il dottor Adnan Al-Bursh, capo del reparto di ortopedia dell’ospedale Al-Shifa, morto in custodia israeliana dopo l’arresto nel dicembre 2023, secondo la famiglia torturato a morte. Un altro medico, Iyad Al-Rantisi, direttore di un ospedale femminile nella Striscia di Gaza, è deceduto presso una struttura di interrogatorio dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano.

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