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Molti ricorderanno Charlie Sheen per le sue parti più comiche e bizzarre, come nei film Hot Shots! e Scary Movie. Ma la sua lunga carriera (è peraltro figlio d’arte, del grande attore Martin Sheen) vede anche film più impegnati come Platoon e Wall Street. Eppure, proprio come il personaggio di Charlie Harper in Due uomini e mezzo, la sitcom che ha segnato il suo successo più recente, si è distinto spesso e volentieri come un attore incontrollabile e dissoluto. Che i suoi comportamenti controversi e problemi personali (dalla dipendenza dal sesso all’abuso di sostanze) abbiamo spesso offuscato il suo talento e le sue priorità professionali emerge con grandissima chiarezza anche nel documentario in due parti Aka Charlie Sheen, sbarcato il 10 settembre su Netflix e che promette non solo di esplorare la sua ascesa al successo ma anche la sua rovinosa caduta nello scandalo e nel vizio.
Dalle controversie, del resto, Sheen non si è mai tirato indietro. Dagli anni Novanta in poi si è spesso fatto notare per i suoi atteggiamenti esplosivi, violenti e ingestibili, sul set e fuori, e non ha mai risparmiato dichiarazioni e interviste al vetriolo, spesso contro la sua stessa famiglia o i suoi colleghi di lavoro. Numerose le teorie della cospirazione che ha abbracciato, come per l’11 settembre o contro i vaccini. Verso la fine degli anni Duemila sono emerse poi diverse accuse di violenza domestica da parte di diverse partner, tra cui l’ex moglie Brooke Mueller. Nel 2009 è stato addirittura arrestato per aggressione domestica e ormai proverbiali erano le sue entrate nei centri di rehab per disintossicarsi da alcool e droghe. Nel 2015 ha ancora una volta scandalizzato il mondo annunciando di avere l’Hiv e di saperlo ormai da qualche anno, eppure aveva scelto di tenerlo segreto pagando milioni di dollari.
Cosa racconta il documentario di Netflix su Charlie Sheen
Negli ultimi anni l’attore ha mantenuto un profilo più basso, ma Aka Charlie Sheen ha in qualche rinverdito la sua aura di (ex) enfant terrible del mondo del cinema. Il documentario contiene parecchie rivelazioni spinose, alcune anche anticipate dalla stampa nelle scorse settimane, come il fatto che abbia confidato di aver avuto rapporti con uomini durante il suo periodo di più intenso uso di crack, esperienze che ha comunque definito “liberatorie”. Riguardo al suo status sierologico, si dice convinto di non aver trasmesso l’HIV a nessuno, anche se ha pagato diverse sue amanti che lo minacciavano di rivelare la notizia alla stampa. Nella docuserie facciamo anche la conoscenza di Marco, un ex spacciatore che l’ha aiutato nella disintossicazione, ma anche di bizzarri metodi per contrastare l’ottundimento di sostanze (come infilarsi un cubetto di ghiaccio nel retto per rimanere sveglio durante le riprese) o le loro conseguenze più gravi (un’epistassi di 18 ore sul set di Money Talks: Traffico di diamanti). Ci sono anche testimonianze dirette o indirette di persone vicine a lui, come la preoccupazione dell’ex moglie Denise Richards per i suoi lunghi periodi d’assenza o l’intervento a sorpresa di Clint Eastwood per convincerlo a disintossicarsi.
Aka Charlie Sheen è un racconto forse discontinuo e contraddittorio su un personaggio che ha estratto dalla fama forse il veleno più terrificante. Lo stesso attore ne emerge come un talento a tratti geniale e incontenibile, sicuramente dall’autoironia caustica, ma che non è quasi mai riuscito a resistere ai suoi istinti autodistruttivi. Il documentario è però una lettera d’amore ai suoi cari (il padre Martin e il fratello Emilio Estevez hanno scelto di non apparire davanti alle telecamere ma pare lo sostengano dietro le quinte) e il suo intento è quello di impegnarsi nel cammino della riabilitazione. “Le cose che ho intenzione di condividere, avevo giurato su Dio di non dirle a nessuno se non al mio terapista”, dice a un certo punto. Un’altra contraddizione, un’altra promessa infranta, un po’ come sembra essere stata la sua carriera. Ma anche un atto di fiducia verso il pubblico, che ha sempre dimostrato di amare sopra ogni cosa.