venerdì, Settembre 12, 2025

Alberto Trentini, i 300 giorni in carcere e un silenzio che non possiamo più accettare

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Da 300 giorni Alberto Trentini è recluso in un carcere in Venezuela. È una desolante cifra tonda che fa impressione, quella che ricorre in questo venerdì 12 settembre. Ed è una cifra tonda che fa ancora più impressione, dopo aver udito quanto il ministro degli Esteri venezuelano, Yván Gil, ha dichiarato in una intervista alla Cnn. Ha affermato di conoscere il caso del cooperante italiano arrestato il 15 novembre dello scorso anno, di sapere che è sotto processo e ha persino affermato che i suoi diritti non sono stati violati.C’è una causa in corso, che continuerà”, ha detto Gil.

Anziché rappresentare un qualche segnale che la situazione di Alberto Trentini si possa smuovere dall’immobilismo in cui è precipitata da nove mesi, le dichiarazioni dell’intervista fanno agghiacciare. Dimostrano che il Venezuela non ha alcuna intenzione di aprire canali diplomatici sul caso del cooperante, né spiragli che consentano di inquadrare le ragioni per cui il 45enne si trova in carcere e dunque di approntare una qualche forma di difesa. Le accuse non sono mai state formalizzate. E quelle che si figurano – terrorismo e cospirazione – sono strumentalizzazioni del regime del presidente Nicolás Maduro, che calpestano i diritti del nostro connazionale.

Che Caracas avesse intenzione di opporre alle richieste dell’Italia un muro già lo sapevamo. Finora il nostro ministero degli Esteri non ha ottenuto granché. Luigi Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero, è stato nominato dal ministro Antonio Tajani inviato speciale della Farnesina con il compito di seguire da vicino i casi dei circa quindici connazionali attualmente detenuti in Venezuela, ma quando è andato in missione nella capitale venezuelana ad agosto, non ha potuto incontrare funzionari del governo e men che meno i detenuti. È stato respinto, segno che al regime poco importa di dialogare con il nostro Paese.

I contatti tra la famiglia e Alberto Trentini sono stati pochissimi. Due telefonate (il 16 maggio e il 26 luglio), di pochi minuti, in cui ha cercato di rassicurare i familiari. Il cooperante, che a ottobre 2024 si era recato in missione in Venezuale per conto dell’organizzazione non governativa Humanity & Inclusion, è detenuto nel carcere El Rodeo I, nello Stato di Miranda, struttura situata a circa trenta chilometri da Caracas e nota per le condizioni difficili e per ospitare molti prigionieri politici del regime venezuelano.

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