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Ridurre Magic a una costante rivisitazione degli stilemi di Tolkien è però una semplificazione che rischia di sminuire tutto quanto venuto dopo il boom iniziale: già la quarta espansione del gioco, uscita nel dicembre ‘93 e dall’inequivocabile nome di Arabian Nights, è ambientata nel mondo de Le mille e una notte. Negli anni successivi il bagaglio delle ambientazioni di Magic arriva a includere mondi di automi, elfi e innesti metallici come Mirrodin, il Giappone feudale di Kamigawa e il retelling gotico di Innistrad. Qualcuno più originale, qualcuno più derivativo, la costante di questi palcoscenici è di offrire uno sfondo alle battaglie di astuzia intavolate da veterani e neofiti, tutte ambientazioni legate dal filo del multiverso, il grande contenitore dei mondi di Magic come descritto all’interno della narrazione. Gli eroi, i cosiddetti planeswalker, hanno il potere di viaggiare da un mondo all’altro, proprio come il giocatore: nessuno di questi mondi, però, ha mai incluso il nostro, né quelli creati da altre aziende.
L’ancora di salvezza
Il purismo dei mondi di Magic è in realtà la norma nel settore. Dando una veloce occhiata ai giochi di carte attualmente sul mercato, né Pokémon, né Yu-Gi-Oh, né One Piece né tantomeno Lorcana percepiscono la necessità di includere nel loro catalogo collaborazioni con terze parti. I motivi sono facilmente intuibili: un’identità forte e un brand riconoscibile bastano e avanzano per soddisfare il pubblico e garantire introiti. La stessa cosa che è sempre riuscita a Magic: era il 2020, col capitolo crossover ancora all’orizzonte, quando il gioco di Richard Garfield registrava i maggiori incassi di sempre fino a quel momento, con quasi mezzo miliardo di dollari messi da parte grazie esclusivamente a quello che Magic continuava ininterrottamente a fare dal secolo precedente – proporre gameplay irresistibile e ambientazioni fantasy ricche di fascino.
Che Jace Beleren, per molto tempo il volto di Magic, non sia mai riuscito ad essere un’icona pop al pari di Pikachu, Exodia o Topolino non ha quindi impedito al gioco di carte americano di trovare i propri spazi garantendosi un fondamentale ricambio generazionale. Era necessario un agente esterno per rendere così centrali e pervasivi i crossover, al punto da costituire a partire proprio da quest’anno il 50% del catalogo Magic: quella stessa Hasbro di cui si accennava all’inizio di questo articolo, colosso del giocattolo nato nel 1923 e da fine anni Novanta proprietaria di Wizards of the Coast, l’azienda che detiene i diritti di Magic e D&D.