lunedì, Settembre 29, 2025

Perché Eni vuole l’energia da fusione nucleare di Commonwealth Fusion Systems, anche se ancora esiste

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Commonwealth Fusion Systems è la startup statunitense che fa ricerca sulla fusione nucleare e che ha raccolto più capitali a livello internazionale. Oggi ha annunciato un accordo di compravendita di energia elettrica con l’italiana Eni dal valore di oltre 1 miliardo di dollari. La multinazionale energetica – che ha interesse a presentarsi come una “azienda globale dell’energia a forte contenuto tecnologico”, anziché come una compagnia petrolifera – acquisterà dunque una parte dell’elettricità prodotta da Arc, la centrale a fusione da 400 megawatt che Commonwealth Fusion Systems vuole costruire in Virginia e che spera di allacciare alla rete elettrica per l’inizio degli anni Trenta di questo secolo.

La fusione nel 2030, tra speranze e realtà

Si tratta di una previsione temporale ottimistica, considerato che Commonwealth Fusion Systems – lo stesso vale per le imprese concorrenti e per i laboratori di ricerca – non ha ancora raggiunto un bilancio energetico positivo nei suoi test, né è riuscita a stabilizzare la reazione per lunghi periodi. Ad oggi, insomma, la fusione non è pronta per le applicazioni commerciali. Ma la promessa di un’energia pulita, abbondante e stabile genera molto entusiasmo e sembra ispirare fiducia nelle possibilità di questa tecnologia già nel breve termine. Nel 2023, per esempio, Microsoft si è accordata con Helion Energy – un’altra società statunitense di fusione, sostenuta da Sam Altman di OpenAI – per comprare 50 megawatt di energia da una centrale che ancora non esiste: dovrebbe aprire nel 2028. Mentre lo scorso giugno, Google ha firmato un contratto di acquisto dell’elettricità della centrale Arc di Commonwealth Fusion Systems; e a fine agosto la startup ha ottenuto altri 863 milioni di dollari in un giro di finanziamenti.

Commonwealth Fusion Systems ha già “venduto” più della metà dell’energia promessa

Eni è stata una delle prime realtà che ha deciso di investire in Commonwealth Fusion Systems, dal 2018, diventandone un’azionista strategica e, dal 2023, anche una partner tecnologica e ingegneristica. I dettagli del contratto di fornitura energetica non sono stati rivelati, ma l’amministratore delegato di Commonwealth Fusion Systems, Bob Mumgaard, ha detto alla stampa che la startup ha venduto in tutto “più della metà” dell’elettricità che verrà prodotta da Arc.

La transizione energetica è tra gli obiettivi di Eni

Durante l’incontro con i giornalisti, il direttore Technology, R&D & Digital di Eni, Lorenzo Fiorillo, ha spiegato che la società intende aggiungere l’elettricità da fusione di Commonwealth Fusion Systems alla sua offerta energetica negli Stati Uniti, dove produce idrocarburi e biocarburanti e gestisce una ventina di parchi eolici e solari. “Tradizionalmente siamo stati un’azienda petrolifera e del gas, mentre ora ci stiamo muovendo rapidamente in un settore diverso, quello della transizione energetica”, ha dichiarato Fiorillo, “che comprende attività legate alle energie rinnovabili, alle bioraffinerie, alla cattura e stoccaggio del carbonio e, infine, naturalmente, anche alla tecnologia della fusione”.

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