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Dopo che la statunitense Food and Drug Administration (Fda) ha annunciato che apporrà una nuova etichetta di avvertenza sul Tylenol, il paracetamolo usato negli Stati Uniti, così come in altri farmaci contenenti questo principio attivo, citando una “possibile associazione” tra l’autismo nei bambini e l’uso del farmaco durante la gravidanza, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non è stato altrettanto cauto: “Non prendete il Tylenol”, ha consigliato alle donne in gravidanza in un recente annuncio che ha ormai fatto ormai il giro del mondo. Ma il Tylenol che farmaco è esattamente e che differenza c’è tra le medicine che lo contengono e che usiamo in Italia?
Cos’è il Tylenol, il paracetamolo degli Stati Uniti
Il Tylenol è un farmaco da banco il cui principio attivo è il paracetamolo, noto anche come acetaminofene. “Contiene il farmaco acetaminofene che di fatto è l’addizione farmaceutica del nostro paracetamolo nella farmacopea statunitense. In Italia e in Europa ha altri nomi commerciali”, ci ha spiegato Alessandro Rossi, Presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg). Disponibile in diverse formulazioni, come sciroppi, compresse, bustine e supposte, agisce a livello del sistema nervoso centrale e ha proprietà analgesiche, antidolorifiche e antipiretiche. Viene, infatti, comunemente utilizzato per trattare dolori lievi o moderati, come mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena e dolori mestruali, e per abbassare la febbre, inclusi i sintomi influenzali. “Certamente il paracetamolo è uno dei farmaci analgesici e antipiretici più diffusi e più prescritti alla donna in gravidanza, all’infanzia, ai bambini, all’adolescenza e infine all’adulto e all’anziano”, ha precisato l’esperto. “È un farmaco che è assolutamente sicuro, come ci testimoniano numerosi studi dal punto di vista della sicurezza e dell’efficacia”.
Paracetamolo in gravidanza
Il paracetamolo, e quindi il Tylenol e la tachipirina, viene considerato l’unico farmaco sicuro per alleviare il dolore o la febbre nelle donne incinte. Come evidenzia la Fda, infatti, “è l’unico farmaco approvato per il trattamento della febbre durante la gravidanza”. La febbre alta nelle donne in gravidanza, infatti, può rappresentare un rischio per i nascituri: è stato dimostrato, infatti, che gli stati infiammatori, e quindi la febbre come espressione dello stato infiammatorio in generale, possono portare un danno al feto ed essere quindi più dannosi rispetto all’assunzione del paracetamolo. “Alle donne in gravidanza suggerirei di essere tranquille nell’uso di questo farmaco, naturalmente sempre e solo dopo una prescrizione medica”, ha commentato Rossi, ricordando che il paracetamolo è un farmaco che è stato testato anche da grande studio svedese pubblicato sul Jama nel 2024 che ha osservato due milioni e mezzo di donne in gravidanza, ma anche per gli anni successivi i nascituri, e “che ne ha assolutamente accertato la sicurezza e soprattutto la mancanza assoluta di rapporto tra la somministrazione di paracetamolo e lo sviluppo successivo di autismo o altri disturbi dell’attenzione del comportamento del bambino”, ha aggiunto l’esperto. “La prima cosa che direi alla donna è di farsi rassicurare da quello che ci dice la letteratura scientifica e da non farsi influenzare da fonti non scientifiche”.
Paracetamolo e autismo
I disturbi dello spettro autistico sono causati da molteplici fattori e ancora oggi la scienza non ha ancora stabilito una correlazione tra l’uso di Tylenol paracetamolo durante la gravidanza e l’insorgenza dell’autismo. Come sottolinea un articolo di Nature, infatti, se da una parte decenni di ricerca non hanno ripetutamente riscontrato alcun legame riproducibile tra vaccini e autismo, non ci sono oggi dati neanche per stabilire una relazione causale tra l’uso di paracetamolo nelle madri e l’autismo nei figli. “Le prove non supportano un nesso causale tra paracetamolo o vaccini e autismo”, ha commentato a Nature Sura Alwan, teratologa clinica all’Università della British Columbia a Vancouver, in Canada, e direttrice esecutiva della PEAR-Net Society, un’organizzazione no-profit che promuove la salute materno-fetale e la ricerca. “Suggerire il contrario potrebbe alimentare la disinformazione e minare la fiducia in trattamenti e vaccini sicuri”.