martedì, Settembre 2, 2025

Divieto di smartphone in classe, come si stanno organizzando le scuole per gestirlo

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Il divieto dello smartphone in classe anche nelle scuole secondarie di secondo grado – le superiori, fuor di gergo istituzionale – è arrivato il 16 giugno scorso, a scuole chiuse. Ora che riaprono, la circolare del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara che lo impone in ogni momento della vita scolastica, va applicata. Il come, però, lo può decidere ogni scuola aggiornando il proprio regolamento e ideando soluzioni più o meno innovative e pratiche: basta che trasformino una scelta istituzionale in realtà quotidiana.

Proprio in questi giorni, quindi, docenti e presidi sono chiamati a identificare il miglior modo per garantire il rispetto della legge e sanzionare chi la viola, rispettando le eccezioni previste ma anche la privacy degli studenti. Un rompicapo difficile, con tante soluzioni possibili quanto il numero delle scuole secondarie sparse sul territorio italiano: oltre 2.500. Wired ha provato a capire come si stanno orientando presidi e docenti.

Dove li mettiamo?

Il primo aspetto su cui docenti e presidi si stanno interrogando per ottemperare al divieto di smartphone in classe è quello logistico-organizzativo. Per essere certi che nessuno utilizzi i cellulari in nessun momento della vita scolastica, come da circolare, bisognerebbe sequestrarli, “ma è totalmente irrealistico” spiega il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (Anp) Antonello Giannelli. “È impensabile chiedere alle scuole di organizzare il ritiro e la riconsegna quotidiana di migliaia di dispositivi ogni giorno – aggiunge Giannelli – quello che suggeriamo di fare è semplicemente di imporre un divieto all’interno del regolamento di istituto. Dopodiché, se qualcuno commette un’infrazione disciplinare, verrà punito”.

Concordando sulle complessità logistiche segnalate, Edoardo G., docente di diritto di una scuola superiore vicino a Firenze, sottolinea a Wired anche come “il meccanismo di sequestro preventivo degli smartphone pone alle scuole un problema di responsabilità della loro custodia, in caso di danni o furti, scaricando ancora una volta il problema sulle singole strutture”. Per aggirare l’ostacolo c’è chi in passato ha provato a sperimentare delle soluzioni di compromesso come “le tasche”.

Con i ragazzi abbiamo creato un arazzo in cui ognuno aveva uno spazio in cui inserire il proprio dispositivo durante le lezioni, per poi ritirarlo nelle pause e all’uscita – racconta per esempio Alberto T., insegnante di filosofia di un liceo scientifico a nord est di Milano – è stato un esperimento di successo, ben accolto anche dai ragazzi. Peccato che non sarà replicabile, perché la circolare non permette l’uso di cellulari negli intervalli. Mi chiedo come sarà possibile controllare migliaia di giovani sparsi in corridoi e cortili”.

Autonomia scolastica in pericolo

Senza nemmeno stare a progettare tasche multi-custodia, secondo il segretario generale Flc Cgil Lombardia Massimiliano De Conca, “risolvere la questione pratica è facile, basta una scatola di cartone, ma con questa circolare il ministro svilisce fortemente il ruolo educativo delle scuole”. Ponendo al centro del dibattito il tema dell’autonomia scolastica, De Conca parla di “ennesima mortificazione della figura degli insegnanti” e denuncia “un commissariamento della libertà dei collegi docenti e dei consigli d’istituto”.

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