lunedì, Settembre 29, 2025

Il numero di esopianeti che conosciamo è salito a quota 6000, dai mondi di lava ai giganti gassosi e super leggeri

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Il numero di esopianeti confermati è oggi salito a quota 6mila. A raccontare questo straordinario traguardo è stata la Nasa che per l’occasione ha mostrato il suo ormai lunghissimo catalogo di pianeti al di fuori del nostro Sistema solare, sottolineando la sbalorditiva varietà di aspetti che possono caratterizzarli, dai piccoli mondi roccioso ai giganti gassosi che avvolgono le loro stelle fino ai mondi di lava. E mentre il numero di esopianeti aumenta, grazie al continuo monitoraggio dell’Exoplanet Science Institute (NExScI) della Nasa, ci sono ancora più di 8 mila altri pianeti candidati in attesa di conferma. Dopo decenni di esplorazione cosmica che ha cambiato completamente il modo in cui oggi osserviamo il cielo, la stessa agenzia fa anche sapere che con le future missioni, come il Nancy Grace Roman Space Telescope e l’Habitable Worlds Observatory, ci stiamo avvicinando sempre di più alla scoperta di pianeti simili alla Terra e di possibili segni di vita.

Il fascino dell’esplorazione degli esopianeti

Il numero di esopianeti

Questo traguardo, ricordiamo brevemente, arriva 30 anni dopo la scoperta del primo esopianeta attorno a una stella simile al nostro Sole. “Passo dopo passo, dalla scoperta alla caratterizzazione, le missioni della Nasa hanno gettato le basi per rispondere a una domanda fondamentale: siamo soli?”, ha commentato Shawn Domagal-Goldman, della Divisione di Astrofisica della Nasa. Man mano che il numero di esopianeti confermati aumenta, infatti, la comunità scientifica ha potuto confrontarli con i pianeti del nostro Sistema solare stimando, ad esempio, che i pianeti rocciosi sembrano essere più comuni nell’Universo. Ha scoperto anche che ci sono pianeti delle dimensioni di Giove che orbitano più vicino alla loro stella di quanto faccia Mercurio con il Sole, oppure che hanno due stelle. E ancora, che alcuni sono ricoperti di lava, mentre altri sono circondati da nubi di pietre preziose. “Ognuno dei diversi tipi di pianeti che scopriamo ci fornisce informazioni sulle condizioni in cui si possono formare e, in ultima analisi, su quanto potrebbero essere comuni pianeti come la Terra e dove dovremmo cercarli”, ha commentato Dawn Gelino, responsabile dell’Exoplanet Exploration Program (ExEP) della Nasa. “Se vogliamo scoprire se siamo soli nell’Universo, tutta questa conoscenza è essenziale”.

La ricerca continua

Nonostante il numero di esopianeti confermati sia arrivato a quota 6mila, sono solamente un centinaio circa quelli che siamo riusciti a osservare direttamente. Questo perché la maggior parte dei mondi alieni è così debole da confondersi nella luce della stella madre. Gli attuali metodi di rilevamento, infatti, sono indiretti e tra i più comuni c’è il metodo del transito che consiste nell’individuare una stella che si affievolisce per un breve periodo mentre un pianeta in orbita le passa davanti. Il tasso di scoperte di esopianeti, tuttavia, è notevolmente accelerato negli ultimi anni: basta pensare che il catalogo ha raggiunto i 5mila esopianeti confermati solo 3 anni fa. “Abbiamo davvero bisogno che l’intera comunità collabori se vogliamo massimizzare i nostri investimenti in queste missioni che stanno sfornando candidati esopianeti, ha spiegato Aurora Kesseli, vicedirettrice scientifica del Nasa Exoplanet Archive. “Gran parte di ciò che facciamo al NExScI è sviluppare strumenti che aiutino la comunità a trasformare i pianeti candidati in pianeti confermati”.

Le missioni future

La ricerca futura, spiegano dalla Nasa, si concentrerà sui pianeti rocciosi simili alla Terra. E in particolare sullo studio delle loro atmosfere per cercare le cosiddette firme biologiche, ovvero qualsiasi caratteristica, elemento, molecola, sostanza che possa essere utilizzata come prova di vita passata o presente. La Nasa, in particolare, metterà in campo due missioni, il Roman Space Telescope e l’Habitable Worlds Observatory, che minimizzeranno il problema del riverbero, ossia saranno in grado di bloccare la luce stellare per rendere visibili anche i pianeti più deboli come la Terra. I risultati, si spera, riveleranno nuovi dettagli sulla diversità dei sistemi planetari, mostrando quanto sistemi solari come il nostro possano essere comuni in tutta la galassia.

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