venerdì, Settembre 26, 2025

Perché a Taiwan lo “scudo di silicio” dei suoi chip non basta più per sentirsi al sicuro

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Il terzo caso riguarda la filiera dei materiali: Fujifilm electronics materials ha ufficializzato la sua presenza e attività con un progetto industriale già in corso a Hsinchu (nuova fabbrica per materiali per semiconduttori, avviamento previsto entro il 2026). Questo tipo d’investimento è cruciale perché rafforza la disponibilità locale di materiali critici, riducendo rischi di fornitura e velocizzando la collaborazione con clienti locali di fab e packaging.

Collaborazioni accademiche e Padiglione Italia

Infine, sul fronte delle collaborazioni tecnologiche e accademiche, aziende come Omron e altri vendor di ispezione e automazione hanno formalizzato (o annunciato l’intenzione di formalizzare) partnership con università taiwanesi per progetti su ispezione 3D X-ray e automazione di test, presentando casi d’uso diretti per il packaging 3D e la qualità nel back-end. Questi accordi di R&D pubblico-privato sono interessanti perché accelerano l’adattamento di nuova strumentazione alle esigenze di produzione su larga scala, collegando ricerca accademica e scala industriale.

Presente anche il Padiglione Italia, in cui sono state esposte aziende che operano in vari segmenti della filiera dei semiconduttori, specialmente in test, sicurezza, collaudo, tecnologia applicata, controllo e strumentazione. Oltre alle imprese, la presenza italiana è stata supportata in modo che il padiglione fungesse da vetrina dell’ecosistema del paese, includendo ricerca, formazione, design, sostegno governativo, nonché iniziative come il “Chips Fund” italiano e il “National Chips Act” che mirano a rafforzare la filiera nazionale.

Sfide e prospettive

Non mancano certo le sfide. Innanzitutto i costi. Man mano che le dimensioni dei nodi avanzati (sub-7nm, attorno al 2-3 nm, o verso l’era degli angstrom) aumentano, anche i costi, la complessità, la riscala (dissipazione, materiali, difetti) diventano fattori limitanti. Mantenere competitività richiede continue innovazioni non solo nella litografia ma in packaging, integrazione, materiali.

Ci sono poi le tensioni geopolitiche. Taiwan è nel mezzo di dinamiche complesse: pressioni da parte della Cina, restrizioni su commercio e investimenti, richieste di supply chain “trusted” da parte di altri paesi, sanzioni, etc. Queste dinamiche creano opportunità (diversificazione, investitori esteri) ma anche rischi (dipendenza da singoli fornitori, stabilità politica, sicurezza fisica).

Le prospettive che emergono guardano tutte in una direzione: Taiwan non vuole più essere vista soltanto come la “fabbrica dei chip del mondo, ma come un hub globale di innovazione, ricerca, standard e collaborazione internazionale. È un obiettivo ambizioso, che richiederà di conciliare velocità tecnologica, responsabilità ambientale e capacità diplomatica.

L’incognita Trump

Anche perché, nel frattempo, c’è chi teme che la globalizzazione dei chip taiwanesi rischi di compromettere il vantaggio tecnologico-strategico conquistato dall’isola con decenni di sforzi. Un nodo centrale delle discussioni recenti riguarda la crescente pressione da parte dell’amministrazione Trump per riportare negli Stati Uniti parte significativa della produzione di chip, che oggi è largamente concentrata a Taiwan. Trump ha più volte sostenuto che l’industria dei chip “è stata portata via” dagli Stati Uniti, e ha minacciato tariffe fino al 100% sui chip importati se non fossero prodotti o parzialmente prodotti nel territorio statunitense.

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