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Circa un miliardo di euro di multa per il prezzo dei biocarburanti in Italia. Per l’esattezza, 936,6 milioni di euro di sanzione complessiva a sei compagnie petrolifere operanti in Italia. È quanto stabilito dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ad essere coinvolte sono Eni, Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil. Secondo l’Antitrust, queste società avrebbero dato vita a un cartello che, tra il gennaio 2020 e il giugno 2023, ha alterato il prezzo della cosiddetta componente bio dei carburanti, obbligatoria per legge. Si tratta di una delle sanzioni più gravi mai comminate nel settore energetico italiano.
Il meccanismo del cartello
L’inchiesta, avviata grazie alla segnalazione di un whistleblower, ha permesso di accertare che le multinazionali del settore oil&gas si sarebbero coordinate per determinare il valore della parte di biocarburante contenuta nella benzina e nel diesel. Tale coordinamento non sarebbe avvenuto con accordi diretti e palesi, ma attraverso scambi di informazioni e pratiche indirette che hanno di fatto limitato la concorrenza. Un ruolo cruciale in questa dinamica lo avrebbe avuto la pubblicazione dei dati sul quotidiano di settore Staffetta Quotidiana, che riportava valori forniti dagli operatori stessi, consentendo alle altre compagnie di allineare i propri listini.
L’aumento dei prezzi e le conseguenze per i consumatori
Nel periodo analizzato dall’Antitrust, il prezzo della componente bio è passato da circa 20 euro per metro cubo nel 2019 a circa 60 euro nel 2023, con un incremento triplo che l’Autorità considera ingiustificato rispetto alle normali dinamiche di mercato. Questo rialzo ha avuto un impatto diretto sul prezzo finale alla pompa di benzina, contribuendo ad aumentare i costi sostenuti da milioni di automobilisti e imprese italiane. In sostanza, tutti i rifornimenti fatti in questi anni hanno subito un prezzo maggiorato a causa delle pratiche restrittive contestate alle compagnie petrolifere.
“Un danno per i cittadini e la collettività”
A tal proposito, Mauro Antonelli, responsabile dell’ufficio studi di Unione nazionale consumatori, ha sottolineato che la componente bio incide “per pochissimi centesimi sul prezzo finale, ma calcolata su una base di due pieni al mese diventa una spesa significativa per le famiglie, già gravate da accise e Iva, che nel caso della benzina pesano fino al 59,7% sul totale del prezzo e per il gasolio intorno al 55,6%”. Per Antonelli la speranza è che l’inchiesta spinga le compagnie a ridurre questa voce, producendo un effetto tangibile sui prezzi. Secondo lui gli automobilisti andrebbero risarciti, anche perché la componente bio è obbligatoria ai fini di miglioramento dell’impatto ambientale: “Un doppio danno, per i cittadini e per la collettività”.
Le possibilità di ottenere rimborsi per i consumatori sarebbero però scarse: “Le tempistiche della class action sono tali che credere di poter ottenere un risarcimento attraverso azioni legali collettive è purtroppo un’illusione”, ha spiegato, sottolineando la speranza che le multe comminate vengano destinate direttamente a beneficio dei consumatori.
Le sanzioni economiche
La maxi multa sui biocarburanti è stata suddivisa tra le sei società in base al grado di responsabilità attribuito a ciascuna. La sanzione più pesante è in capo a Eni, con oltre 336 milioni di euro. Q8 è stata condannata a pagare più di 172 milioni, mentre Ip dovrà versarne circa 163. Seguono Esso con 129 milioni, Tamoil con 91 e Saras con quasi 44. Le cifre sono tali da incidere sui bilanci delle società, rappresentando non solo un peso finanziario, ma anche un duro colpo alla loro immagine.
Le aziende, dal canto loro, hanno respinto con fermezza le accuse. Eni ha definito la decisione “incomprensibile e infondata”, sostenendo che l’Antitrust avrebbe frainteso il funzionamento del mercato e travisato il ruolo della società. Anche Q8 si è detta sorpresa dal provvedimento, ribadendo di aver sempre rispettato le normative e annunciando l’intenzione di presentare ricorso. È probabile che tutte le compagnie coinvolte porteranno la vicenda davanti ai tribunali amministrativi, aprendo un lungo contenzioso legale.