lunedì, Settembre 29, 2025

Madagascar, dopo anni di blackout, acqua razionata e ingiustizia sociale le proteste dei giovani esplodono anche qui

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Proteste nonostante i divieti

Le autorità avevano vietato il raduno in programma mercoledì 24 settembre, adducendo rischi concreti per l’ordine pubblico e il timore di disordini incontrollabili. Nonostante il divieto formale imposto dal prefetto di Antananarivo, i manifestanti hanno tentato di raggiungere il punto di incontro stabilito nel quartiere di Ambohijatovo, situato nel cuore della capitale. Gli agenti del Gsis, un’unità speciale della gendarmeria equipaggiata con mezzi antisommossa, allora hanno dispiegato un massiccio dispositivo di sicurezza fin dalle prime ore del mattino, creando cordoni attorno alle principali arterie cittadine per impedire assembramenti. Gli scontri sono iniziati poco prima delle 11:00 del mattino, secondo quanto riportato dal quotidiano francofono Jeune Afrique, quando le forze dell’ordine hanno iniziato a sparare i primi candelotti di gas lacrimogeni per disperdere i gruppi di manifestanti che tentavano di aggirare i blocchi.

La violenza vera e propria è esplosa nel pomeriggio di giovedì, trasformando le proteste pacifiche in scontri urbani che hanno paralizzato la capitale. Le manifestazioni sono degenerate in saccheggi di negozi, banche e rivenditori di elettrodomestici, provocando scene di devastazione nelle strade centrali. Tre abitazioni di politici noti per la loro vicinanza al presidente Rajoelina sono state date alle fiamme dai manifestanti così come una stazione della funivia di Antananarivo, progetto infrastrutturale di punta del governo inaugurato pochi mesi prima come simbolo della modernizzazione del paese. Sabato i manifestanti si sono radunati nuovamente davanti all’università di Ankatso, indossando cappelli di paglia colorati. Il corteo è stato disperso ancora una volta dalle forze di polizia, che hanno fatto nuovamente ricorso ai gas lacrimogeni.

Le cause della protesta

Dietro questo malcontento c’è la realtà quotidiana di milioni di cittadini del Madagascar, che da oltre quindici anni convivono con interruzioni regolari di acqua ed elettricità. La responsabilità principale ricade sulla Jirama, l’azienda pubblica che gestisce i servizi idrici ed elettrici, le cui infrastrutture vecchie e inadeguate, la scarsa produzione idroelettrica e la dipendenza dal petrolio combustibile hanno creato una spirale di inefficienza. A questi problemi si sommano gestione inefficace e corruzione: nel maggio 2024, l’ex amministratore delegato e l’amministratore ad interim della Jirama sono stati condannati a dieci anni di lavori forzati per abuso d’ufficio, appropriazione indebita di fondi pubblici e riciclaggio di denaro.

Le conseguenze di queste inefficienze ricadono pesantemente su cittadini e imprese. Le interruzioni quotidiane limitano la produttività e causano perdite economiche significative: per le imprese, i blackout provocano in media una riduzione pari al 26% del fatturato annuale, un valore molto più alto rispetto ad altri paesi africani con problemi simili. La frustrazione ha anche un risvolto politico perché la popolazione percepisce che il governo ha trascurato le priorità più urgenti, concentrandosi invece su grandi progetti simbolici come la nuova funivia di Antananarivo, inaugurata pochi mesi prima. I cittadini accusano il presidente Andry Rajoelina di aver ignorato la crisi energetica durante i suoi mandati (2009-2014 e dal 2019), alimentando un senso diffuso di ingiustizia e impotenza.

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