Ancora una decina di giorni per la presentazione del nuovo piano industriale di Alitalia ad azionisti, governo e sindacati: in cantiere ci sarebbe, secondo quanto anticipato da Il Corriere della Sera, una revisione delle tariffe attraverso un modello ibrido, che si traduce in uno sdoppiamento della compagnia tra un segmento low cost e un altro premium. Tre le tariffe previste, secondo un modello che riprende quello di Aer Lingus: basic, cioè il puro costo della tratta, e quindi carburante, i diritti di volo sugli scali, le tasse applicate al biglietto e un modestissimo margine per la compagnia; intermedia, con una serie di servizi ancillary a pagamento (sedile più confortevole, bagaglio extra nella stiva, fast-track, ingresso nelle lounge aeroportuali, vendita di prodotti a bordo). Da qui il management spera di ricavare 150 milioni di euro all’anno, raddoppiando i ricavi da ancillary dagli attuali 6 euro per passeggero. Infine la tariffa tutto incluso: classe business, corsia preferenziale per salire sull’aereo. Poi il fronte dei costi, che non si esaurisce con la spesa per il personale (nel 2015 Alitalia ha presentato costi industriali per quasi 3,6 miliardi di euro all’anno, di cui la spesa per i 12 mila dipendenti è stata di 593 milioni ): Cramer Ball, con la consulenza di Roland Berger, deve incidere maggiormente su un’altra voce inserita a bilancio e cioè i costi per servizi comperati da terzi, che nel 2015 ha inciso per due miliardi di euro. Nel mirino, in primis, il costo per il leasing degli aerei.
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