domenica, Giugno 1, 2025

La Nato raccoglie un miliardo per finanziare startup e tecnologie di frontiera

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Entra nel vivo la caccia della Nato a startup e centri di ricerca in tecnologie di frontiera, dall’intelligenza artificiale ai computer quantistici, dalle biotecnologie di potenziamento dell’uomo allo spazio. Diana, questo il nome del programma varato nell’ottobre 2021 dall’Organizzazione del trattato dell’Atlantico del nord per selezionare, finanziare e far crescere imprese che stanno lavorando a innovazioni potenzialmente dirompenti (Edt) sul mercato e strategiche per la sicurezza e la difesa. Obiettivo: tenere a battesimo i futuri campioni, finanziarli prima che ci arrivino fondi con passaporti esterni al perimetro dell’alleanza, colmare il divario in ambito di tecnologie militari che grava in particolare sull’Europa, come sentenzia uno studio del marzo 2021 firmato da 12 esperti arruolati dalla Nato stessa.

  1. Diana e il fondo innovazione
  2. La reti di acceleratori in Europa e l’Italia
  3. Approccio di mercato
  4. La questione robot killer

Diana e il fondo innovazione

Come apprende Wired da un funzionario della Nato coinvolto nel dossier, il 2022 sarà l’anno delle pratiche burocratiche per costituire Diana. Nel 2023 l’Alleanza conta di lanciare le prime gare per selezionare e finanziare le startup. Prima, però, Diana deve dotarsi di una governance, di un direttore generale, di personale dedicato. E poi di piani per affrontare le sfide che la tecnologia e lo scenario geopolitico pongono, decise ogni due anni. Diana dovrà attenersi alle strategie Nato sulle specifiche tecnologie. Nel 2021 i 30 alleati hanno concordato quella sull’intelligenza artificiale, nei prossimi mesi saranno sul tavolo i dossier su autonomia e computer quantistici. Poi sarà la volta di biotecnologie e ingegneria applicata al potenziamento dell’uomo, altra discussa frontiera dell’innovazione.

Smarcati accordi, memorandum e burocratese, verrà il momento di aprire il portafoglio. In tandem con Diana viaggia il Fondo innovazione della Nato, una sorta di fondo dei fondi per convogliare risorse sulle startup prescelte: 21 dei 30 governi della Nato hanno partecipato alla creazione dell’accordo quadro. L’impegno delle cancellerie ha portato a un miliardo di euro l’impegno complessivo (dai 70 milioni iniziali), spalmati su un arco di 15 anni. I settori su cui concentrarsi sono intelligenza artificiale, biotecnologie e bio-ingegneria per l’avanzamento dell’essere umano, materiali innovativi, tecnologie quantistiche, aerospazio, sicurezza informatica, motori ipersonici, robotica, industria navale, telecomunicazioni ed elettronica.

La reti di acceleratori in Europa e l’Italia

Diana (acronimo per Defence innovation accelerator for the North Atlantic, Acceleratore di innovazione nella difesa per l’Atlantico del nord) avrà due uffici. In Europa, dove c’erano varie candidature, l’ha spuntata Londra. Al di là dell’Oceano, invece, Diana avrà un quartier generale in Canada. Sono già stati individuati, inoltre, 81 centri specializzati per sperimentare le tecnologie finanziate dal programma e una rete di acceleratori per le startup. 

In Italia, a quanto apprende Wired, le Officine grandi riparazioni (Ogr) di Torino, già candidate per la sede europea di Diana, sono l’acceleratore designato, in tandem con la futura Città dell’aerospazio, un’area per imprese e ricerca in fase di sviluppo grazie a un piano da un miliardo di euro, come riferisce Ansa. A Wired Ogr conferma di aver accolto una delegazione Nato in fase di candidatura ma di non aver ricevuto, al momento, comunicazioni ufficiali sull’investitura ad acceleratore del programma Diana. A La Spezia e a Capua, invece, si collocano i centri di test, che copriranno tecnologie in ambito marittimo, aeronautico, big data e nuovi materiali.

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