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Una nuova versione del Pinocchio di Collodi ha fatto la sua comparsa oggi su Disney+. Diretto dal Robert Zemeckis di Chi ha incastrato Roger Rabbit, pioniere dei live action che integrano elementi dell’animazione, il remake del classico disneyano del 1940 è esattamente questo, l’adattamento con attori in carne e ossa che convivono con altri in Cgi, immersi in un mondo digitale fantastico e dalla palette cromatica ipersatura. È difficile, quasi impossibile, competere con un capolavoro dell’animazione – forse “il” capolavoro – come la trasposizione originale di Le avventure di Pinocchio, romanzo per ragazzi che solo nell’ultimo paio di anni ha accumulato tre nuovi adattamenti: quello candidato all’Oscar del 2019 di Matteo Garrone, quello di Zemeckis e la rielaborazione ambientata negli anni del fascismo del re delle favole dark Guillermo del Toro in uscita prima al Bfi – London Film Festival e poi in sala a dicembre.
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Il Pinocchio di Zemeckis ricalca abbastanza fedelmente – soprattutto a livello iconografico nel caso del character design del burattino – quello degli anni ‘40. Mastro Geppetto vive in una casetta di legno in solitudine e povertà. Si sente così solo, nonostante la compagnia del micio Figaro e del pesciolino rosso Cloe, che costruisce una marionetta a forma di bambino. La tristezza e la sommessa disperazione che traspare dallo sguardo del buon falegname non ha bisogno di essere spiegata, ma tra le innovazioni (tra queste, l’introduzione di alcuni personaggi e la trasformazione della balena in un mostro marino assassino dell’Asylum) della trasposizione zemeckiana, c’è la rivelazione dello straziante passato di lutto e perdita del pover’uomo. La fata turchina (e canterina, nella pellicola convivono melodie familiari come Una stella cade e nuove canzoni composte da Alan Silvestri e Glenn Ballard, raccolte nella colonna sonora di Virgin Records/Universal Music Italia) darà vita al burattino e gli affiderà il Grillo parlante come “coscienza”.