lunedì, Giugno 2, 2025

L'influenza aviaria sta mutando rapidamente

Must Read

Questo articolo è stato pubblicato da questo sito

Nei mesi scorsi abbiamo parlato spesso di influenza aviaria, che sta causando una delle più importanti epidemie fra i volatili negli Stati Uniti e che ha destato qualche preoccupazione anche in Europa, a seguito di un focolaio scoppiato in un allevamento di visoni in Spagna e dei molti casi rilevati nella popolazione di gabbiani del Garda. Un gruppo di ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis (Stati Uniti) ha studiato il ceppo virale approdato in Nord America per la prima volta nel 2021, identificato nel sottotipo 2.3.4.4b dell’influenza A(H5N1), individuando nuovi “riassortimenti genetici” dello stesso con altri virus aviari già presenti nel continente: queste nuove varianti sono state in grado di causare una grave forma di influenza nei furetti utilizzati dal gruppo di ricerca come modelli animali. Fortunatamente, la probabilità di infezione nei mammiferi in natura rimane molto bassa, ma la capacità del virus di mutare rapidamente desta comunque l’allerta degli esperti, che sottolineano la necessità di trovare soluzioni per vaccinare il pollame di allevamento. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Communications.

Il ceppo 2.3.4.4b

Secondo quanto riferisce un report dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) pubblicato a dicembre 2022, il ceppo 2.3.4.4b dell’influenza A(H5N1) si è inizialmente diffuso in Asia, Europa e Africa, per poi raggiungere il Nord America verso la fine del 2021. Dall’inizio del 2020, l’Oms ha registrato sei casi di infezioni umane con questo specifico ceppo di influenza aviaria, che sono risultati in sintomi lievi o addirittura assenti nei quattro casi registrati fra l’Europa e il Nord-America, e in una sintomatologia grave per il caso registrato in Vietnam, conclusosi comunque con la guarigione del o della paziente. Al contrario, il caso rilevato in Cina è risultato nel decesso della persona infettata.

Lo studio

Studiando questo ceppo virale a seguito del suo arrivo in Nord America, i ricercatori hanno scoperto diverse nuove varianti derivate dall’acquisizione di alcuni geni presenti in virus influenzali già precedentemente riscontrati negli uccelli selvatici nordamericani. Il risultato è stato soprattutto una migliore capacità del virus di infettare anche ospiti atipici, ovvero che in genere non si ammalano di influenza, come le poiane e le aquile. Inoltre, il riassortimento genetico ha reso il ceppo ancora più virulento, cioè in grado di causare una forma grave della malattia. Ma quello che preoccupa soprattutto gli autori dello studio è la capacità di queste nuove varianti di causare gravi effetti neurologici nei furetti utilizzati come modello animale durante lo studio: “C’è un’enorme quantità di virus nel cervello degli animali infettati”, spiega Richard Webby, ricercatore presso il St. Jude Department of Infectious Diseases e ultimo autore dello studio. “Questo è il segno distintivo di ciò che abbiamo visto con questi ceppi influenzali: un’aumentata patogenicità associata a grandi quantità di virus nel cervello. Non è la prima volta che vediamo i virus H5 nel cervello, ma questi sono probabilmente fra i più virulenti che abbiamo osservato in 24 anni di ricerca su questi virus”.

Le implicazioni per la nostra specie

Secondo i ricercatori, mentre le nuove mutazioni hanno reso il virus maggiormente contagioso per gli uccelli, le probabilità di infezione per gli esseri umani rimane bassa. Tuttavia, è importante prestare attenzione al contatto con la fauna selvatica. Inoltre, sarà necessario continuare a monitorare l’evoluzione di queste mutazioni: “Nel complesso, il rischio per l’essere umano è ancora basso”, conclude Webby. “Ma questo rischio sembra stia cambiando e questi virus stanno facendo cose che non abbiamo mai visto fare agli H5 prima. Sono entrati nella popolazione di uccelli selvatici del continente [americano, nda], si sono riassortiti e si sono mantenuti nel tempo”.

Come sostiene la direttrice generale della World Organization for Animal Health (Woah) Monique Eloit in un’intervista rilasciata a Reuters, i Governi dovrebbero prendere in considerazione l’idea di vaccinare il pollame di allevamento per contenere i contagi e ridurre quindi la possibilità di sviluppo di nuove varianti.

- Advertisement -spot_img
- Advertisement -spot_img
Latest News

Chi sono i prepper italiani, quelli che si preparano all'Apocalisse

Blackout improvvisi, alluvioni, attacchi hacker: non li spaventa nulla. O forse sì, e proprio per questo si tengono in...
- Advertisement -spot_img

More Articles Like This

- Advertisement -spot_img