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Nell’informativa sulla privacy di Pornhub si legge che il sito utilizza i cookie per diversi scopi. Per esempio, allo scopo di aiutare le persone ad accedere al portale, “personalizzare e migliorare” l’esperienza online degli utenti, registrare il numero di persone che utilizzano il sito, tracciare le pagine visitate e pubblicare annunci pubblicitari. “È possibile impostare il browser in modo cda rifiutare tutti o alcuni cookie o per segnalare quando vengono inviati i cookie“, si legge nell’informativa, che aggiunge anche che Pornhub ha attivato la funzione di anonimizzazione dell’Ip di Google Analytics in modo da non memorizzare gli indirizzi Ip completi.
Scarsa trasparenza
Emily van der Nagel, docente di social media presso la Monash University, in Australia, afferma che sebbene l’informativa sulla privacy di Pornhub descriva quali dati vengono raccolti e utilizzati, è “improbabile” che l’utente medio guardi queste informazioni. “Se la raccolta dei dati sembra avvenire a livello tecnico, da parte di un’organizzazione poco trasparente e senza alcuna idea delle conseguenze sociali, è improbabile che gli utenti tentino di intervenire – dice Nagel –. Se c’è una minaccia di danno sociale, per esempio la comparsa delle preferenze pornografiche sotto forma di annunci mirati visualizzati su un computer di lavoro, gli utenti diventano consapevoli dei dati che i siti web pornografici raccolgono su di loro e cercano di intervenire nella raccolta e nell’utilizzo dei dati“.
Lo scorso anno #StopDataPorn aveva già presentato reclami più approfonditi alle autorità in Italia e a Cipro. Il Garante della privacy ha rifiutato la richiesta di commento inviata da Wired UK. Irene Loizidou Nicolaidou, commissario dell’autorità cipriota per la protezione dei dati, ha dichiarato di non poter rilasciare commenti per via di “accertamento in corso” su Pornhub. Gran parte della ricerca alla base delle denunce è stata completata da Tracking Exposed, un gruppo per i diritti digitali che ha sviluppato un’estensione del browser personalizzata per analizzare l’algoritmo di personalizzazione di Pornhub. Il gruppo ha pubblicato un’analisi, che è stata sottoposta a revisione paritaria, dell’algoritmo di Pornhub nel maggio 2022.
È probabile che le denunce attirino l’attenzione sulla quantità di dati che i siti pornografici raccolgono e sul modo in cui li gestiscono. Nel 2019, alcuni ricercatori hanno analizzato 22484 siti pornografici, scoprendo che il 93 per cento dei portali condivideva i dati con terzi parti, il 44,97 per cento “esponeva o suggeriva” un’identità di genere o sessuale che poteva essere collegata all’utente e il 79 per cento utilizzava cookie di tracciamento di aziende esterne. La ricerca ha rilevato che i tracker di Google erano presenti nella stragrande maggioranza dei siti web.
“Dal momento che Pornhub è modellato su YouTube, non è una sorpresa che siano presenti anche pratiche legate ai dati che sono caratteristiche, o fondamentali, dei social media“, afferma Susanna Paasonen, docente di studi sui media presso l’Università di Turku, in Finlandia, che si occupa di sessualità e pornografia.
Paasonen sottolinea che negli ultimi anni Pornhub ha illustrato la quantità di dati che è in grado di raccogliere attraverso la serie Insights, che descrive le tendenze del traffico sul sito web offrendo una certa trasparenza. “Ma poiché non ci sono opt out – come richiesto dal Gdpr – e dubito che molti utenti leggano la loro politica sulla privacy […], la trasparenza nei confronti degli utenti è discutibile“, afferma Paasonen. Per la maggior parte delle persone, l’utilizzo di browser che si focalizzano sulla privacy o di estensioni per la privacy può aiutare a limitare i dati raccolti e le modalità di tracciamento.