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Poi però, sempre di più, questa componente etnomusicale, benché presente nella trama, è sempre più laterale: è il contesto, ma sembra non interessare a nessuno. Le canzoni raccolte, ben eseguite e cantate benissimo, sono un condimento e mai il punto. Tutto appare idealizzato, aggraziato ed eccessivamente pulito. Questo è un film per bene, in cui anche le persone che vengono dalla campagna sono persone eleganti nei modi, con bei visi e un inglese corretto, benché semplice. Hanno reazioni benevolenti e cantano con voci impeccabili, come se avessero studiato canto. Tutti. È la versione ripulita e tranquilla, per signore che non desiderano essere smosse, di un vero melodramma.
Film in costume per chi del passato preferisce la versione idealizzata, non sfrutta mai veramente il suo contesto storico. Siamo abbastanza abituati a storie di amori omosessuali clandestini in epoche in cui non erano accettabili, e sappiamo che la parte migliore di questi amori è proprio il fatto che non possano essere manifestati: per pudore, per educazione, per i modi del tempo. Ma proprio questo fare trattenuto è capace di dare più forza a sentimenti che bruciano dentro e non possono essere mostrati. Poteva essere il territorio vincente di The History of Sound, poteva essere esattamente il contrasto di cui questo film vive. Ma è troppo evidente quanto poco gli interessi sconvolgere, e quanto invece preferisca tranquillizzare. Commuovere, ovviamente, ma con moderazione.