martedì, Giugno 17, 2025

Piracy Shield, anche Google partecipa alla crociata anti-pirateria di Agcom

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Un comunicato piuttosto stringato, che potrebbe però avere un impatto notevole sul modo stesso in cui funziona il Web. A diffonderlo è stata Agcom, che ha annunciato l’avvio di una sperimentazione con Google che suona molto come una resa dell’azienda di Mountain View alle logiche del famigerato Piracy Shield. Fino a oggi, infatti, Google si era opposta strenuamente alle richieste dell’authority. Di fronte alla raffica di leggi varate dal governo italiano e alle minacce di cause legali da parte della Lega Serie A, sembra che il colosso statunitense abbia deciso di cedere.

Il primo test della “santa alleanza” con Google sarebbe stato effettuato in occasione dell’ultima giornata del campionato di calcio, nel corso della quale l’azienda avrebbe ottemperato puntualmente sul suo DNS pubblico alle richieste di blocco provenienti da Piracy Shield. Insomma: dopo quasi 18 mesi costellati di polemiche e critiche per i malfunzionamenti della piattaforma, tra cui un episodio in cui a farne le spese è stata proprio Google, la “big” per antonomasia avrebbe deposto le armi.

Cosa sono i DNS e perché Google è considerata importante

I Domain Name Server, all’interno dell’infrastruttura Web, svolgono un ruolo cruciale. In sintesi, potrebbero essere definiti come “gli elenchi del telefono” di internet. Il loro compito è infatti quello risolvere il nome del sito (per esempio www.wired.it) per ottenere l’indirizzo IP che consente la connessione al server che lo ospita (3.160.212.70). Si tratta, quindi, di uno snodo fondamentale nella gestione del traffico. Se non viene modificato manualmente, il server DNS utilizzato per risolvere gli indirizzi Web è quello del provider utilizzato dall’utente.

Il meccanismo alla base di Piracy Shield opera proprio a questo livello: i provider italiani che collaborano con Piracy Shield acconsentono a bloccare i domini e gli indirizzi IP segnalati dai soggetti autorizzati. In pratica, chi prova a collegarsi ai siti incriminati viene dirottato altrove, normalmente a una pagina che segnala che il sito è stato bloccato per violazione del copyright. È lo stesso sistema che, in molti regimi autoritari, viene utilizzato per censurare contenuti “sgraditi” e impedire l’accesso a fonti di in formazione indipendenti.

Blocchi di questo genere possono essere aggirati molto semplicemente modificando le impostazioni del dispositivo utilizzato in mode che usi un servizio DNS alternativo. Esistono numerosi DNS pubblici che offrono questa possibilità, tra i quali quello di OpenDNS, Cloudflare e, appunto, Google. Quest’ultimo è particolarmente apprezzato non solo per l’assenza di blocchi, ma anche per le prestazioni che garantisce a livello di velocità di navigazione. La mancata partecipazione di Mountain View al progetto Piracy Shield, di conseguenza, rappresenta (o rappresentava) un problema gigantesco per il sistema di blocco messo a punto in Italia.

Il lungo braccio di ferro tra Google e Agcom

I tentativi di portare Google e gli altri operatori internazionali a bordo di Piracy Shield sono iniziati pochi mesi dopo l’avvio del sistema nel febbraio 2024. Un punto fondamentale a favore dell’authority è stato messo a segno con l’ordinanza del Tribunale di Milano che, lo scorso marzo, ha ingiunto all’azienda di rispettare le richieste di blocco.

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