martedì, Giugno 17, 2025

Violenza sessuale, perché quello che ha deciso la Cassazione sul tempo di reazione è un tassello importante nella cultura del consenso

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La notizia arriva in un momento di particolare fermento culturale attorno al tema del consenso applicato alla sfera sessuale. Lo scorso 11 Febbraio, i giudici della corte di Cassazione hanno stabilito che l’ex sindacalista Raffaele Meola, assolto nei due precedenti gradi di giudizio, deve essere sottoposto a un processo d’appello bis. Tra le motivazioni depositate si legge che “lo sfioramento o il toccamento repentino e insidioso integrano sempre la fattispecie della violenza sessuale» e, soprattutto, che “il ritardo nella reazione della vittima è irrilevante per la configurazione della violenza sessuale”.

La sentenza si riferisce a una storia che, esattamente un anno fa, aveva diviso l’opinione pubblica sul tema. Il fatto accaduto è questo: l’ex hostess, oggi maestra, Barbara D’Astolto, nel 2018, si era rivolta al sindacalista della Cisl, Raffaele Meola, per chiedere assistenza per una vertenza per mobbing sul lavoro. Durante l’incontro, Meola aveva chiuso la porta della stanza e, posizionatosi alle spalle della donna, aveva messo in atto una serie di comportamenti sessualmente molesti palpeggiandole diverse parti del corpo fino ad arrivare al seno e infilare le mani fin dentro le mutandine con la scusa – incredibilmente vergognosa – di “tentare di confortarla e farla rilassare”. Barbara D’Astolto, si era ribellata, urlando e scappando, e aveva proceduto alla denuncia ai danni di Meola accusandolo di violenza sessuale. Nonostante l’episodio di violenza sia stato poi effettivamente riconosciuto e, con esso, anche le intenzioni e gli atti dell’uomo che – inequivocabilmente – voleva approfittare della donna, il tribunale di Busto Arsizio aveva assolto Meola in primo grado con l’attenuante di non avere assunto comportamenti idonei affinché la donna si potesse sentire “costretta”. La prova risiederebbe nel fatto che Barbara D’Astolto, prima di reagire, avrebbe impiegato più di 20-30 secondi: una finestra temporale considerata dai giudici troppo prolungata e che dunque avrebbe consentito alla donna di “potersi dileguare”. L’assoluzione era stata confermata anche nel secondo grado di giudizio, proponendo all’opinione comune una domanda nota alla letteratura femminista: qual è il tempo di una violenza sessuale? Esiste un tempo?

Oggi, la Cassazione, ribaltando completamente le due sentenze precedenti, introduce nella giurisprudenza una consapevolezza che nei movimenti femministi esiste già tempo e pazientemente si è culturalmente costruita: una violenza sessuale è sempre una violenza. Ed il tempo non esiste dal momento che la percezione (e la conseguente consapevolezza) sono soggettive.

L’avvocata dell’associazione Differenza Donna, Teresa Manente, legale di D’Astolfo, ha dichiarato che: “La Corte ha correttamente smentito ogni lettura basata sulla pretesa neutralità della mancata reazione immediata della vittima, affermando che il disorientamento e il blocco emotivo non annullano la violenza subita e nulla poteva far ritenere che la donna aveva manifestato il consenso”. Dunque è l’assenza di consenso ha determinare l’esistenza di un atto di violenza sessuale e non la misurazione del tempo.

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