Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Il Senato degli Stati Uniti ha approvato il primo luglio il One Big Beautiful Bill Act, la riforma di bilancio più ambiziosa dell’amministrazione guidata dal presidente Donald Trump. Il provvedimento, che prevede miliardi di dollari in investimenti federali destinati all’intelligenza artificiale, alla sicurezza informatica e ai droni, è stato approvato senza una delle sue misure più discusse: una moratoria decennale che avrebbe impedito ai singoli stati di introdurre nuove leggi per regolamentare l’uso dell’AI, bocciata dal Senato con 99 voti contrari e uno solo a favore.
Il disegno di legge, dal valore complessivo di 3.300 miliardi di dollari, unisce in un unico pacchetto tagli fiscali, aumenti della spesa militare e finanziamenti alle infrastrutture, e rappresenta il perno dell’agenda interna del secondo mandato di Donald Trump. Approvato tramite una procedura parlamentare speciale che consente il passaggio con una maggioranza semplice, il testo mantiene lo stanziamento di oltre 6 miliardi di dollari per progetti federali nei settori dell’AI, dei droni autonomi e della cybersicurezza. Ora la legge passa alla Camera dei rappresentanti: Trump punta a firmarla entro il 4 luglio. Le conseguenze per il settore tecnologico restano tuttavia controverse.
Miliardi per l’intelligenza artificiale federale
Il One Big Beautiful Bill Act destina 6 miliardi di dollari ai progetti di intelligenza artificiale, trasformando il governo federale nel principale acquirente di tecnologie AI americane. Gli investimenti si dividono in tre settori strategici. Il Dipartimento del commercio riceverà 500 milioni di dollari per sostituire i sistemi informatici obsoleti dell’amministrazione federale con sistemi di intelligenza artificiale commerciale. L’obiettivo è migliorare la sicurezza informatica degli uffici governativi e creare sistemi che rilevano automaticamente le minacce entro il 2034. Il programma è urgente perché molti uffici federali usano ancora tecnologie degli anni novanta.
Il settore militare riceve la fetta più grande dei finanziamenti, a conferma della centralità attribuita dall’amministrazione Trump alla supremazia tecnologica in ambito difensivo. Il Pentagono otterrà 450 milioni di dollari per sviluppare sistemi di intelligenza artificiale e robot per la costruzione navale, mentre altri 145 milioni andranno ai droni d’attacco autonomi. Il Cyber command, che si occupa di guerra informatica, vedrà aumentare il budget di 250 milioni per progetti AI, mentre altri 115 milioni serviranno per proteggere le centrali nucleari dagli attacchi informatici.
La sicurezza delle frontiere è l’ultimo pilastro della strategia. L’agenzia che controlla dogane e confini riceverà oltre 1 miliardo di dollari per nuove tecnologie di controllo basate su intelligenza artificiale, machine learning e computer vision. Il Dipartimento della sicurezza interna svilupperà inoltre strumenti avanzati per il rilevamento di sostanze stupefacenti al confine. Anche il settore sanitario beneficerà dell’adozione dell’AI. Il Dipartimento della salute utilizzerà algoritmo di AI per ridurre sprechi, frodi ed errori nei programmi Medicare e Medicaid, che nel 2023 hanno registrato perdite superiori ai 100 miliardi di dollari. L’obiettivo è automatizzare i controlli e migliorare l’efficienza della spesa pubblica nel settore sanitario.
La sconfitta della Silicon Valley sui regolamenti statali
La battaglia parlamentare più dura si è concentrata sulla proposta di una moratoria che avrebbe impedito agli stati di adottare regolamenti più restrittivi sull’intelligenza artificiale, un provvedimento che avrebbe garantito alle big tech un quadro normativo più uniforme e meno vincolante, evitando loro di dover affrontare una molteplicità di leggi statali diverse e costose in termini di adeguamento. Originariamente prevista per dieci anni, poi ridotta a cinque, la moratoria avrebbe bloccato l’applicazione di norme esistenti e future sui sistemi AI, incluse quelle contro i deepfake, spesso usati per disinformazione politica o pornografia non consensuale. Ad esempio la California ha già vietato l’uso di deepfake nelle campagne elettorali per impedire di ingannare gli elettori con video falsi di candidati. Il Texas ha criminalizzato la creazione di deepfake pornografici senza consenso, spesso usati per ricattare donne e ragazze. Altri stati hanno approvato leggi per proteggere la voce e l’immagine degli artisti dalla riproduzione non autorizzata tramite AI.
L’opposizione alla moratoria è stata trasversale in Senato, tanto che l’emendamento che ha eliminato la proposta è stato presentato proprio da una senatrice repubblicana del Tennessee, Marsha Blackburn, infliggendo una pesante sconfitta alla Silicon Valley, che aveva investito molto in lobbying. La moratoria avrebbe reso inapplicabili tutte queste protezioni per un decennio. Inoltre, la moratoria avrebbe potuto bloccare l’uso delle leggi sui diritti civili che già vietano la discriminazione algoritmica – quando i computer penalizzano ingiustamente certi gruppi di persone per razza, genere o reddito. E avrebbe cancellato le leggi sulla privacy dei consumatori.