giovedì, Luglio 17, 2025

Fascicolo sanitario elettronico, ci sono ancora troppe disuguaglianze tra le regioni

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Il referto di anatomia patologica e il taccuino personale dell’assistito sono disponibili in 13 Regioni. Solo in 6 Regioni è presente la lettera di invito per screening, vaccinazioni e altri percorsi di prevenzione. La cartella clinica, invece, è caricata nel Fse esclusivamente dal Veneto. Complessivamente, il Fascicolo sanitario elettronico a livello nazionale mette a disposizione degli utenti il 68% dei documenti previsti dal decreto e monitorati dal portale. Nessuna Regione alimenta il Fse con tutte le tipologie documentali: si va dal 93% del Piemonte e del Veneto al 40% di Abruzzo e Calabria.

I Fascicoli sanitari elettronici regionali possono offrire fino a 45 servizi digitali, tra cui il pagamento di ticket e prestazioni, la prenotazione di visite ed esami, la scelta del medico di medicina generale e la consultazione delle liste d’attesa. Ma anche su questo fronte le disparità sono evidenti: solo Toscana e Lazio superano il 50% dei servizi attivati, rispettivamente con il 56% e il 51%.

All’opposto, la Calabria si ferma al 7%. “È utile precisare – spiega Cartabellotta – che molti dei servizi digitali sono accessibili tramite altri canali, come portali web o app offerti dalle Regioni. Se questi non vengono integrati anche nel Fse, da un lato si perde l’obiettivo di creare un’unica piattaforma digitale per il cittadino, dall’altro il monitoraggio nazionale restituisce una fotografia parziale e sottostimata dell’effettiva disponibilità dei servizi offerti.

Consenso alla consultazione del Fascicolo

Al 31 marzo 2025 (al 31 dicembre 2024 per il Friuli Venezia Giulia), soltanto il 42% dei cittadini italiani ha dato il consenso affinché i medici possano consultare i propri dati sanitari attraverso il Fse. Anche in questo caso, le differenze tra Regioni sono fortissime: si passa dall’1% di Abruzzo, Calabria e Campania al 92% dell’Emilia-Romagna. Tra le Regioni meridionali, solo la Puglia supera la media nazionale, con il 73%.

Nel primo trimestre del 2025, appena il 21% dei cittadini ha consultato almeno una volta il proprio Fascicolo, considerando solo coloro ai quali era stato caricato almeno un documento. Le disparità regionali sono marcate: dall’1% delle Marche al 65% dell’Emilia-Romagna. Nel Mezzogiorno, l’utilizzo è ancora inferiore all’11%. “Non basta caricare i dati nel fascicolo – spiega Cartabellotta – bisogna anche mettere le persone nella condizione di usarli. E questo significa investire seriamente in alfabetizzazione digitale.

Utilizzo da parte dei medici

Tra gennaio e marzo 2025 (ottobre-dicembre 2024 per il Friuli Venezia Giulia), il 95% dei medici di medicina generale e dei pediatri ha effettuato almeno un accesso al Fse. Nove Regioni hanno raggiunto il 100% di utilizzo: Basilicata, Emilia-Romagna, Marche, Molise, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria. Anche nelle altre Regioni i livelli sono alti: Liguria al 99%, Lazio e Veneto al 98%, Lombardia al 96%. Poco sotto la media nazionale troviamo Abruzzo e Friuli Venezia Giulia (94%), Calabria (93%), Sicilia (91%), Campania e Provincia Autonoma di Bolzano (88%), Toscana (80%) e Valle d’Aosta (47%).

Sempre al 31 marzo 2025 (31 dicembre 2024 per il Friuli Venezia Giulia), il 72% dei medici specialisti delle Aziende sanitarie risulta abilitato alla consultazione del Fascicolo. Anche qui, le differenze tra territori sono nette. 12 Regioni e Province Autonome hanno raggiunto il 100% delle abilitazioni: Lombardia, Marche, Molise, Province Autonome di Bolzano e Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. Al di sotto della media ci sono Campania, Lazio, Abruzzo, Sicilia e Calabria. Fanalino di coda è la Liguria, dove solo il 16% degli specialisti è abilitato alla consultazione.

“In alcune Regioni – conclude Cartabellotta – il Fascicolo sanitario elettronico è uno strumento pienamente operativo, grazie alla quantità di documenti presenti, al consenso dei cittadini ed al loro effettivo utilizzo. In altre, soprattutto nel Mezzogiorno, il Fse è spesso un contenitore semivuoto e scarsamente utilizzato anche per l’elevata diffidenza sulla sicurezza dei dati da parte della popolazione. Ma la sanità digitale non può essere un’innovazione per pochi: servono investimenti e una governance centralizzata per garantire diritti a tutte le persone indipendentemente dal luogo in cui vivono”.

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