giovedì, Luglio 17, 2025

Intelligenza artificiale e ricerca scientifica, l'alleanza è possibile solo coltivando giovani ricercatori esperti

Must Read

Questo articolo è stato pubblicato da questo sito

Esperimenti lunghi e costosi solo per verificare previsioni fatte con comode simulazioni a computer, considerando solo lo stretto necessario. Secondo Simon Olsson entro una decina di anni arriveremo a ridurre tempi e costi della ricerca scientifica così, grazie all’intelligenza artificiale “usata bene”. È una emozionante speranza ma anche un’aspirazione concreta per questo giovane scienziato che la condivide con uno sguardo sognante e determinato al tempo, stringendo tra le mani il Premio Ictp-Ibm Brahmagupta per l’intelligenza artificiale. Lo ha istituito il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam (Ictp) assieme a Ibm, lo ha dedicato a chi è a a inizio carriera e lo ha consegnato a lui invitandolo nella sua sede di Trieste, a due passi dal Castello di Miramare.

A passeggiarci, sembra un piccolo villaggio con topografia ispirata ai grandi della fisica del passato e cittadini provenienti da ogni parte del mondo ma tutti ma tutti scienziati o aspiranti tali e tutti interessati a capire come l’intelligenza artificiale potrebbe aiutarli a esserlo meglio. Quando Olsson parla della propria esperienza, pendono dalle sue labbra sperando di essere un giorno al suo posto. Perché no? Lui è il primo a ricevere questo riconoscimento, il primo di una lunga serie, dicono gli organizzatori. A maggior ragione Wired Italia lo ha incontrato per farsi raccontare come e perché se l’è meritato.

Anno zero, numero zero

Creato in onore di Brahmagupta, matematico e astronomo indiano che per primo ha considerato lo zero un numero, questo premio è dedicato proprio ai numeri zero, ai pionieri dell’applicazione dell’ai nelle scienze, o viceversa. Nel caso di Olsson si entra nel campo delle simulazioni molecolari e si scopre come questa tecnologia possa rendere più veloce e meno onerosa la progettazione di nuovi farmaci e vaccini, supportandoci nei problemi computazionali di meccanica statistica. Il giovane scienziato non la usa da sempre, viene dalla biochimica e ha iniziato a farlo durante un dottorato di bioinformatica statistica nel 2018 per poi approfondirne ulteriormente le opportunità con un post-dottorato. Ora è professore associato di data science e ai presso la Chalmers University of Technology (Svezia) e, nonostante l’ai negli anni si sia diffusa notevolmente, resta uno dei pochi che la usa per “per accelerare i processi di simulazione, trasformandoli in problemi di modellazione di distribuzioni statistiche” prova a spiegare.

Di fronte alle formule che proietta e commenta annuisce una platea ristretta di giovani fisici ospiti dell’Ictp, ma l’impatto del suo lavoro potrebbe essere globale. “Senza essere costretti a fare troppe assunzioni, l’ai generativa permette di modellare il mondo in modo molto flessibile e di fare nuove previsioni – racconta –  nella simulazione molecolare permette di esplorare sistemi complicati ed eventi rari più velocemente e con un costo computazionale molto più basso”. Ciò non significa automaticamente nuovi farmaci pronti all’uso ed economici, ma ci si vuole avvicinare.

Fidarsi dell’ai con metodo scientifico

I risultati finora non sono male. Olsson per primo ammette di essere rimasto a tratti perfino sorpreso “perché questi modelli sono in grado di fare una simulazione realistica o plausibile, allineandosi molto bene con la quella fisica” spiega. Se ben allenati, “ci azzeccano”, insomma, e “a volte si riescono ad applicare anche in sistemi diversi l’uno dall’altro ma con alcune analogie di costruzione” aggiunge.

- Advertisement -spot_img
- Advertisement -spot_img
Latest News

Il modello Milano e la sua scorta mediatica

Io lo so bene, perché per anni ho frequentato realtà editoriali che di quel clima di Expo-ottimismo, come qualche...
- Advertisement -spot_img

More Articles Like This

- Advertisement -spot_img