giovedì, Luglio 3, 2025

Sistema immunitario: ora sappiamo perché c'è chi si ammala meno e vive più a lungo (soprattutto le donne)

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La forza del sistema immunitario, o meglio la sua resilienza, influenza la durata della vita, lo stato di salute e la suscettibilità ad alcune malattie infettive. A suggerirlo è un nuovo studio, coordinato dalla University of Texas Health Science Center di San Antonio, insieme ai ricercatori di cinque Paesi (compresa l’Italia), che ha definito e misurato quella che viene indicata come “resilienza immunitaria”, ovvero l’abilità del nostro sistema immunitario di mantenere e ripristinare le funzioni immunologiche oltre che a reagire alle infezioni e malattie infiammatorie. “La resilienza immunitaria è la capacità di mantenere una buona funzione immunitaria, chiamata immunocompetenza, e ridurre al minimo l’infiammazione mentre si verificano fattori di stress infiammatori”, ha spiegato Weijing He, tra gli autori del nuovo studio. I risultati, appena pubblicati sulla rivista Nature Communications, aprono così la strada a una miglior comprensione del motivo per cui alcune persone sono più a rischio di sviluppare malattie che colpiscono il sistema immunitario, in che modo rispondono a un trattamento e se, e in che misura, si riprenderanno.

Come è stato portato avanti lo studio

Per misurare la resilienza immunitaria, i ricercatori hanno passato in rassegna i dati provenienti da una serie di studi di laboratorio, sugli esseri umani (50mila persone) e su modelli animali. In particolare, si sono concentrati sulla misurazione dell’equilibrio delle cellule T Cd8+ e Cd4+ (suddivise poi in 4 categorie, chiamate gradi di salute immunitaria) e dei livelli di espressione dei geni associati all’immuno-competenza e a una maggiore possibilità di sopravvivenza rispetto a quelli legati all’infiammazione e a un più alto rischio di morte. Dai risultati è emerso che i partecipanti con livelli ottimali di resilienza immunitaria avevano maggiori probabilità di: vivere più a lungo, resistere alle infezioni da hiv, Aids, influenza, recidiva del cancro della pelle (dopo il trapianto di rene). E ancora: sopravvivere all’infezione da Covid-19 e sepsi.

Dalle analisi, inoltre, è emerso che la resilienza immunitaria ottimale è più comune nelle donne e non dipende dall’età. “Sebbene l’età svolga un ruolo importante nella risposta del corpo a fattori di stress infettivi e infiammatori, alcune persone preservano e/o ripristinano la resilienza immunitaria ottimale indipendentemente dall’età”, ha spiegato il primo autore Sunil K. Ahuja, dell’Ut Health Science Center San Antonio. “Molti pensano solo all’infiammazione quando considerano gli esiti della malattia”, ha aggiunto la coautrice Grace C. Lee. “Tuttavia, il concetto di resilienza immunitaria unisce i livelli di immunocompetenza e infiammazione”. Lo studio, chiarisce l’esperta, introduce un nuovo concetto di resilienza immunitaria, che considera l’equilibrio tra immunocompetenza e infiammazione come un fattore critico per gli esiti di salute. “Abbiamo fatto un passo avanti perché guardando oltre l’infiammazione potremmo scoprire nuove strategie di prevenzione e trattamento per malattie croniche come malattie cardiovascolari, Covid-19, Hiv/Aids e tumori”.

Le possibili applicazioni

Ad esempio, i ricercatori hanno misurato la resilienza immunitaria nei pazienti sottoposti a trapianto di rene con un maggior rischio di recidiva del tumore della pelle. “Abbiamo esaminato il rischio di contrarre un secondo cancro, basandoci sui gradi di salute immunitaria nel momento in cui ogni partecipante presentava il cancro per la prima volta”, ha commentato il co-autore Matthew J. Bottomley dell’Università di Oxford. “Abbiamo scoperto che, se qualcuno aveva una resilienza immunitaria ottimale al momento del primo cancro, era anche più resistente a una recidiva”.

Gli autori, inoltre, hanno esaminato i profili delle cellule immunitarie del sangue di quasi 4mila individui. “Abbiamo scoperto che, indipendentemente dall’età, le persone con scarsa resilienza immunitaria avevano profili di cellule immunitarie che riflettono una maggiore attivazione immunitaria, ha spiegato il coautore Edoardo Fiorillo, ricercatore presso l’Istituto di ricerca genetica e biomedica al Cnr. “È interessante notare che abbiamo osservato che anche i primati non umani con scarsa resilienza immunitaria manifestavano profili di cellule immunitarie simili”.

Sebbene servano ulteriori indagini, la resilienza immunitaria potrebbe essere utile per monitorare e avere informazioni importanti sui rischi, la gestione e la prognosi di diverse malattie. “La valutazione dei gradi di salute immunitaria stimati dai conteggi di Cd8+ e Cd4+ è un modo semplice per monitorare la resilienza immunitaria”, conclude l’autore principale. “Queste valutazioni sono utili per capire chi potrebbe essere maggiormente a rischio di sviluppare malattie che colpiscono il sistema immunitario, come risponde al trattamento e se, e in che misura, si riprenderà”.

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