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Il riconoscimento facciale per controllare le presenze sul posto di lavoro è illegale. Lo ha ribadito il Garante della privacy sanzionando cinque società per 70mila, 20mila, 6mila, 5mila e 2mila euro, per aver raccolto e trattato in modo illecito i dati biometrici di un elevato numero di lavoratori e lavoratrici. L’Autorità ha sottolineato come non esista alcuna norma che consenta l’uso di sistemi di controllo biometrici in ambito lavorativo.
Il Garante è intervenuto a seguito dei reclami formulati da diversi dipendenti di cinque società impegnate, a vario titolo, presso lo stesso sito di smaltimento dei rifiuti. Le aziende finite nel mirino dell’indagine del Garante e della Guardia di finanza avevano reso obbligatorio, per l’accesso al sito di lavoro, l’uso di un rilevatore biometrico per oltre un anno. Lo stesso sistema era stato installato in altre nove sedi dove era operativa la società capogruppo. Sempre con l’obiettivo di rilevare le presenze.
Oltre ad aver imposto l’obbligo di sottostare al riconoscimento facciale, le aziende non hanno fornito un’informativa chiara e dettagliata ai lavoratori e alle lavoratrici rispetto alla raccolta e all’uso dei loro dati personali. Inoltre, non avevano nemmeno effettuato le valutazioni d’impatto previste dalla normativa sulla privacy, né adottato le necessarie misure tecniche di sicurezza per proteggere i dati raccolti.
Pertanto, il Garante ha accolto i reclami dei dipendenti, evidenziando i particolari rischi per i diritti dei lavoratori, connessi all’uso di sistemi di riconoscimento facciale, alla luce delle norme e delle garanzie previste sia dall’ordinamento nazionale che da quello europeo. L’Autorità ha quindi ordinato alle aziende di sospendere l’uso dei sistemi biometrici per controllare le presenze sul luogo di lavoro e usarne altri meno invasivi della privacy dei dipendenti, come per esempio il badge. A questo ordine sono seguite le sanzioni già indicate e l’obbligo di cancellare tutti i dati raccolti illegalmente.
