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In un luogo dove l’inverno è più lungo dell’estate e il freddo è parte integrante della vita quotidiana, il caldo non era mai stato un problema. Almeno fino a ora. Per la prima volta nella storia, gli uffici del National Weather Service – l’agenzia statunitense di previsioni meteorologiche – hanno emesso per lo Stato dell’Alaska un’allerta meteo per il caldo eccessivo.
Nel fine settimana tra il 14 e il 15 giugno, i termometri hanno toccato i 30 gradi centigradi a Fairbanks, la seconda città più popolosa dello Stato, mentre sono previste massime di 28 °C anche nei giorni successivi. L’allerta riguarda diverse aree interne dell’Alaska centrale e nord-orientale, comprese Tanana, Fort Yukon ed Eagle, ed è stata lanciata due volte nell’arco di pochi giorni, il 12 e il 16 giugno. A seguire, è arrivata anche una segnalazione per rischio inondazioni, causate dallo scioglimento accelerato di neve e ghiacciai.
Secondo la meteorologa Alekya Srinivasan, del National Weather Service, in Alaska l’allerta meteo per il caldo non è legata al superamento di un record storico, quanto alla necessità di avvisare la popolazione che le temperature continueranno a salire, con potenziali rischi per la salute e per le infrastrutture. In Alaska, infatti, le case sono costruite per trattenere il calore nei lunghi mesi invernali, e sistemi di raffreddamento come condizionatori e ventilatori sono poco diffusi, se non del tutto assenti.
Il Washington Post ha sottolineato che il riscaldamento in Alaska procede a una velocità da due a tre volte superiore rispetto alla media globale, rendendo sempre più frequenti eventi meteorologici considerati fino a pochi anni fa impensabili.
Il precedente più vicino risale all’agosto dello scorso anno, anche se in quella circostanza non era stata emessa nessuna allerta. Nel 1969 fu registrata una temperatura di 35,5 °C, ma si trattò di un’eccezione senza conseguenze immediate. Oggi, invece, il caldo non è più un evento isolato ma un trend preoccupante.
