venerdì, Ottobre 25, 2024

Come si fa la neve, quando non nevica

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Alto Adige – Cartoline dall’inverno in Alto Adige: montagne brulle, tutte marroni. E sottili, ma ben curati lembi di neve compatta qua e là. Sono le piste da sci, disegnate dall’uomo in mezzo ai colori tipici dell’autunno. Questo inverno sulle Alpi e sulle Dolomiti ha nevicato poco, quasi nulla. Sicuramente non abbastanza per garantire un’intera stagione sciistica ai turisti. Un po’ come l’anno scorso. Questa un’immagine scattata a dicembre 2015 in Alto Adige:

Un apista in Val Gardena (Photo credit OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)Una pista in Val Gardena (Photo credit OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)

Per capire come si riesca a sciare nonostante l’inesistenza della neve naturale siamo andati a intervistare Tone Vollmann, da 30 anni responsabile del sistema innevamento degli impianti di Plan de Corones, 119 chilometri di piste sulle Dolomiti.

Partiamo dalle basi. Neve naturale e artificiale sono uguali. C’è solo una grande differenza. Quella naturale è soffice: ci si passa sopra con il gatto delle nevi per toglierle aria e quindi renderla dura. Per rendere dura quella artificiale, invece, devi aggiungerle aria. Tutto qui”, spiega Tone Vollmann.

Da qualche tempo i responsabili marketing degli impianti stanno molto attenti all’uso del termine neve artificiale, pregando tutti gli addetti al settore di utilizzare il più laico neve tecnica o neve programmata. La giustificazione è che nella creazione della neve non sono aggiunti additivi chimici o sintetici, come il termine artificiale potrebbe lasciar intendere. Il problema non tocca comunque Tone Vollmann, che è evidentemente troppo impegnato a gestire i suoi cento cannoni per preoccuparsi delle sfumature del linguaggio.

Tone Vollmann di fianco al filtro autopulente (Gaia Berruto/WIred)Tone Vollmann di fianco a un filtro d’acqua (Gaia Berruto/WIred)

La qualità della neve che produciamo è cambiata negli anni, grazie al miglioramento della tecnologia. Un tempo era tutto manuale: per spegnere i cannoni si andava con la motoslitta e lo si faceva uno per volta. Arrivato all’ultima macchina trovavi una lastra di ghiaccio, a causa di tutta l’acqua che il cannone aveva buttato fuori con la temperatura sbagliata”, ricorda il responsabile. “Ora è tutto automatizzato: ogni singolo cannone alza la pressione o aumenta il flusso a seconda della temperatura e dell’umidità percepita, tutto da solo. Se c’è un problema mi viene notificato direttamente sul telefono. La rendita è sfruttata al massimo grazie a programma automatico”. Così si spreca meno. E l’ambiente (e il portafogli dei gestori degli impianti) ringraziano.

Ma quanta acqua serve per creare la neve? Per gestire 119 chilometri di piste Plan de Corones usa ogni anno un milione di metri cubi d’acqua, con cui vengono prodotti due milioni di metri cubi di neve. La materia prima necessaria per fare questa operazione è posizionata in due bacini, uno da 60mila e l’altro da 45mila metri cubi d’acqua. Affinchè l’acqua non ghiacci e non diventi stagnante è continuamente smossa attraverso un compressore. Dai bacini è prelevata man mano che serve e spostata in una centrale. Qui passa attraverso un filtro autopulente e poi spostata nelle pompe, da dove viene spedita in un bacino intermedio e poi sparata sulle piste attraverso i cannoni, a circa dieci litri al secondo.

(Gaia Berruto/Wired)Sfoglia gallery3 immagini

L’esterno della centrale (Gaia Berruto/Wired)

L'esterno della centrale
L’esterno della centrale (Gaia Berruto/Wired)Le pompe
Le pompe (Gaia Berruto/Wired)L'interno dell'impianto
L’interno dell’impianto (Gaia Berruto/Wired)

Sembra facile, ma a parte i classici problemi tecnici, soprattutto a inizio di stagione abbiamo un problema naturale: il calore della terra. Anche se fuori percepiamo magari -6 gradi, attorno alla tubazione che trasporta l’acqua verso il cannone c’è caldo. Ecco perché la prima volta che sparo mi concentro nell’area dove passano le tubazioni, per raffreddare il terreno e quindi agevolare la salita dell’acqua”, spiega Tone.

La preparazione delle piste a inizio stagione è fondamentale e i tecnici preferiscono farla con la loro neve. “È migliore di quella naturale. Gli sciatori ormai sono abituati a questa, perché resta compatta da mattina a sera“, confessa Andrea Del Frari, direttore del consorzio delle società che ha in gestione gli impianti di Plan de Corones. “Si lamentano se il pomeriggio si sfalda, com’è normale che accada a volte. Ecco perché anche quando nevica, aggiungiamo sempre neve tecnica. Per migliorarla, perché la gente ormai è abituata a un tipo di neve perfetta“.

E questo è anche il motivo per cui il consumo d’acqua non cambia a seconda degli anni: che nevichi più o meno non fa differenza. Tone Vollmann ci mostra sul computer il programma di controllo dell’intero impianto, indicandoci il disegno di un bacino. “Qui mi segna la presenza di 7,6 metri d’acqua su 13. Quest’anno finora abbiamo consumato circa 350mila metri cubi d’acqua”.

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Il pannello di controllo dell’impianto (Gaia Berruto/Wired)

Il pannello di controllo dell'impianto
Il pannello di controllo dell’impianto (Gaia Berruto/Wired)Il pannello di controllo dell'impianto
Il pannello di controllo dell’impianto (Gaia Berruto/Wired)Il pannello di controllo dell'impianto
Il pannello di controllo dell’impianto (Gaia Berruto/Wired)

Sparare si spara sempre, qualunque sia la temperatura: “Perché la temperatura in sé è un dato poco rilevante, bisogna metterla in relazione all’umidità. Se c’è ad esempio il 20% di umidità si può sparare anche con +2”, ci spiega Tone. D’altronde, la stagione sciistica finisce ad aprile. “La responsabilità che  abbiamo è altissima, perché il turismo si basa sulla possibilità di sciare. Se la neve non è buona o non è abbastanza la gente non viene, disdice le notti in hotel e tutta l’economia della zona ne risente. Non possiamo permettercelo“, chiosa Andrea Del Frari.

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