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Durante il test, Maple ha trasmesso il suo raggio di microonde a due ricevitori posti a circa 30 centimetri di distanza dagli emettitori, che hanno convertito le onde elettromagnetiche in corrente continua, e l’hanno utilizzata per accendere due led, così da dimostrare il funzionamento dell’intero sistema. L’esperimento, come dicevamo, si è rivelato un successo: i led si sono accessi come previsto, e modificando i raggi di microonde emessi dagli emettitori i ricercatori sono stati in grado di accenderli e spegnerli a piacimento, dimostrando così di poter controllare con precisione la loro direzione. Il prototipo era dotato inoltre di una piccola finestra laterale, da cui indirizzare le microonde al di fuori del dispositivo in direzione della Terra, dove sono state identificate da un ricevitore posto sul tetto del campus della Caltech di Pasadena.
“Per quanto ne sappiamo, nessuno aveva mai testato con successo il trasferimento di energia wireless nello spazio, neanche utilizzando strutture rigide e costose”, spiega Ali Hajimiri, professore di ingegneria elettronica ed ingegneria medica della Caltech e co-direttore dello Space Solar Power Project. “Noi lo stiamo facendo utilizzando strutture flessibili e leggerissime, e utilizzando un circuito integrato costruito da noi, e credo che sia sicuramente la prima volta che accade”.
Gli altri esperimenti
Insieme a Maple, a bordo del Solar Power Demostrator sono stati spediti altri due esperimenti pensati per testare tecnologie chiave per la produzione di energia solare spaziale: Alba, che al momento sta testando 32 differenti tipi di celle solari, per identificare quelle più adatte a funzionare in ambiente spaziale, e Dolce (Deployable on-Orbit ultraLight Composite Experiment), che nei prossimi mesi testerà le tecnologie sviluppate per impacchettare e dispiegare le future stazioni di produzione e trasmissione di energia solare.
Il progetto che hanno in mente alla Caltech prevede infatti un dispositivo capace di essere ripiegato fino ad occupare uno spazio di circa un metro cubo, in modo che un razzo commerciale sia capace di trasportarne in orbita un’intera flotta, e progettato per aprirsi una volta arrivato nello spazio, dispiegandosi a formare una struttura piatta e quadrata larga circa 50 metri. Un lato del dispositivo – spiegano i suoi inventori – sarà coperto di pannelli solari, utilizzati per generare energia elettrica, mentre sul versante opposto troveranno posto i trasmettitori a microonde, che convertiranno l’energia prodotta in microonde e la spediranno direttamente nel punto della superficie terrestre in cui ce n’è bisogno.