mercoledì, Giugno 25, 2025

Hawaii, perché gli incendi sono stati così devastanti

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A Lahaina, nelle Hawaii le squadre di soccorso stanno ancora cercando i sopravvissuti al catastrofico incendio che la scorsa settimana ha distrutto la città sull’isola di Maui. Si tratta dell’incendio più letale nella storia americana moderna che, con oltre cento morti accertati, ha già superato le 85 vittime di quello che nel 2018 ha colpito Paradise, in California. Dal momento che i soccorritori hanno perlustrato solo un quarto di Lahaina, si prevede che il bilancio dei deceduti salga ancora; nel frattempo, almeno 2200 strutture sono andate distrutte. Nel diciannovesimo secolo era normale che catastrofi come il grande incendio di Chicago del 1871 potessero abbattere intere aree di una città in modo quasi del tutto incontrollato, considerando come all’epoca mancassero le norme antincendio ed edilizie e non ci fossero forze adeguate di intervento né una solida infrastruttura idrica. All’inizio del ventesimo secolo, la situazione è migliorata e le città sono diventati più sicure, almeno per un po’. Ora però gli incendi urbani sono tornati, con una frequenza e un’intensità sorprendenti e letali.

“Pensavamo che gli incendi urbani fossero stati debellati, e che quello di San Francisco nel 1906 sarebbe stata l’ultima volta. Ma ora sono tornati – afferma lo studioso di storia degli incendi Stephen Pyne –. È come con il ritorno della poliomelite. Avevamo risolto il problema, ma se non si mantiene un alto livello di igiene e non si continua a vaccinarsi, gli sforzi vengono vanificati“. La tragedia di Lahaina dimostra che gli incendi possono scoppiare in luoghi dove nessuno si aspetterebbe un evento così catastrofico, come una moderna città su un’isola tropicale nel mezzo del Pacifico, il cui ecosistema era stato colpito dagli incendi solo sporadicamente nella preistoria.

Quello delle Hawaii non è l’unico esempio recente di incendi che divampano in luoghi inattesi. Nel 2021, a Boulder, in Colorado, un incendio anomalo è scoppiato fuori stagione alla fine di dicembre, bruciando più di mille edifici. Nel 2016, l’incendio di Tubbs ha devastato Santa Rosa in California e le comunità circostanti, distruggendo 5600 strutture e uccidendo ventidue persone. “Quelle non sono aree tipicamente al centro di incendi, sono sobborghi – sostiene Thomas Cova, studioso della storia delle evacuazioni legate agli incendi all’Università dello Utah –. Ci sono strade e marciapiedi moderni, prati curati. In questo clima mutevole, è diventato molto più difficile tracciare una mappa di dove si verificheranno gli incendi, in quale periodo dell’anno e quanto potrebbero bruciare”.

Le cause

A Maui, come in tutto il mondo, non c’è un unico fattore a innescare le fiamme. In generale, i cambiamenti climatici stanno peggiorando gli incendi. Un’atmosfera più calda assorbe più umidità. Il surriscaldamento, poi, rende le ondate di siccità più frequenti, più lunghe e più persistenti, e quindi c’è meno umidità a mantenere umido il paesaggio. Se a questo si aggiungono i forti venti – a Lahaina le raffiche fino a centoventi kilometri all’ora hanno spinto le fiamme a un kilometro e mezzo di distanza – allora basta una sola scintilla per innescare un incendio capace di propagarsi rapidamente: “Non siamo in grado di arginare gli incendi urbani che si espandono di struttura a struttura con venti di questo tipo. Se una struttura prende fuoco quando il vento soffia così violentemente, diventa come una fiamma ossidrica su una della casa vicina” spiega Cova.

I venti su Maui erano secchi e hanno contribuito a risucchiare l’umidità residua dalla vegetazione trasformandola in combustibile. Questo combustibile era costituito da erbe invasive che i colonizzatori europei portarono con sé per coltivare la terra. Quando le piogge sono abbondanti, queste piante crescono a dismisura, per poi seccarsi rapidamente una volta cessate le precipitazioni. “Queste specie invasive che bruciano facilmente riempiono ogni spazio vuoto, tra i bordi delle strade, tra le comunità, tra i quartieri residenziali, ovunque – ha spiegato la scorsa settimana a Wired US Elizabeth Pickett, co-direttrice esecutiva dell’Hawaii Wildfire Management Organization –. Al momento, il 26% del nostro Stato è coperto da queste erbe suscettibili agli incendi”. Oltre a essere stata colpita dalla siccità, la maggior parte di Maui è anche al culmine della stagione secca, un aspetto che ha trasformato queste piante in combustibile. “I paesaggi selvaggi alimentano gli incendi. Caldo, secco, vento e vegetazione combustibile sono la ricetta perfetta per i grandi incendi. Ed è quello che abbiamo qui” osserva Pyne.

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