giovedì, Luglio 3, 2025

Il castello invisibile racconta che dai traumi del bullismo si può guarire

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La narrazione è attraversata da una lieve prosaicità; a tratti sembra che Hara sia alieno ai ritmi della narrazione cinematografica cosa che sappiamo non essere vera. Esasperante è la scelta di accompagnare la storia con la colonna sonora invadente firmata da una Harumi Fuuki che si crede Joe Hisaishi. L’aspetto più rilevante di Il castello invisibile è come riesce a evidenziare la sommessa normalità del bullismo. Gli episodi che riguardano gli studenti vessati da altri alunni sono dipinti come un evento tanto frequente e radicato da essere diventato normale. Tanto che non è prevista la rieducazione degli aguzzini, ma piuttosto si procede all’allontanamento, alla ri-assegnazione in un’altra classe o istituto o all’indulgenza verso l’abbandono della scuola delle vittime. Quello di più spaventoso che questo anime racconta è il sistema che penalizza le vittime (in un modo che ricorda fenomeni altrettanto grotteschi secondo cui spetta alle donne mortificarsi per non provocare la lascivia altrui).

Il castello invisibile è una storia commovente e incoraggiante di passaggio all’età adulta; è una pellicola onesta non solo nel confronto con il bullismo ma anche nella disamina di tematiche quali l’amicizia, l’identità e l’integrazione, e di sentimenti come il dolore, l’incomprensione e la compassione. Il realismo appena accennato eppure agghiacciante delle angherie subite – in particolar modo nel flashback su Aki – dai protagonisti è filtrato attraverso la lente – anzi, attraverso lo specchio – del regno incantato. Quello stesso luogo costituisce l’elemento cruciale del film, perché intrinsecamente dotato del potere di abbattere le regole del tempo e dello spazio (quando vedrete, capirete) che dona alla storia un valore universale. Non è rilevante che lo spettatore sia giapponese o italiano, che sia stato un ragazzino negli anni ottanta o lo sia adesso, questa parabola sul salvare sé stessi e salvarsi a vicenda nasce con un intento educativo abbastanza valido di per sé da valere la visione. Sia da parte di figli e genitori, che di bulli e bullizzati.

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