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Per l’opinione pubblica britannica, l’Ulez – introdotto da Boris Johnson quando era sindaco di Londra – è diventata una sorta di distintivo per dimostrare il proprio schieramento nella guerra culturale in corso nel paese. A Londra gli attivisti contrari alla misura hanno vandalizzato e rubato le telecamere Ulez, mentre la stampa di destra ha sfruttato la politica per criticare Sadiq Khan. Anche il candidato conservatore alle prossime elezioni comunali di Londra, previste per il 2024, è un critico dell’Ulez.
Dopo 13 anni al potere a livello nazionale, il partito conservatore ora sembra assediato. La legge britannica prevede che le elezioni si svolgano al più tardi a gennaio 2025, e attualmente i sondaggi prevedono una vittoria schiacciante per il Labour. Davanti a questo conto alla rovescia, Sunak sembra alla disperata ricerca di una qualsiasi politica che gli permetta di andare contro l’ortodossia climatica, anche quando questa è stata ideata dal suo stesso partito ed è ampiamente sostenuta proprio dalle imprese e dagli elettori su cui il partito conservatore può solitamente fare affidamento.
In questo senso, l’eliminazione graduale delle auto a benzina è un esempio perfetto. Inizialmente prevista per il 2035, la misura è stata anticipata al 2030 dal governo di Boris Johnson. In risposta all’ambiziosa misura, Ford ha fatto del Regno Unito il “polo europeo” per i powertrain destinati ai suoi veicoli elettrici, mentre Bmw ha annunciato che spenderà 600 milioni di sterline (circa 691 milioni di euro) per ammodernare uno stabilimento a Oxford dove produrre Mini elettriche. Anche il Gruppo Tata, proprietario di Jaguar Land Rover, si è impegnato a fare del Regno Unito la sede della sua prima gigafactory per la produzione di batterie fuori dall’India.
Negli ultimi mesi tuttavia il provvedimento ha attirato le critiche della stampa di destra. Il tabloid The Sun ha portato avanti una campagna per sostenere la necessità di ritardare la scadenza del 2030, una linea sostenuta anche dal Daily Mail con una serie di editoriali e articoli. Trasformando il punto di vista dei tabloid di destra in una linea del governo, Sunak sta segnalando che più che a onorare l’impegno delle zero emissioni, è interessato a riportare all’ovile gli elettori conservatori vacillanti con ogni mezzo necessario.
Dopo una serie di imbarazzi – la Brexit, il Partygate e il fulmineo mandato di Liz Truss – la credibilità del partito conservatore nel Regno Unito è a pezzi. L’aspetto più ironico è che il cambiamento climatico era l’unico ambito in cui il partito aveva ancora un po’ di reputazione da difendere. Erano stati i conservatori a spingere per rafforzare la legge sul cambiamento climatico del 2008 e a contribuire che fosse approvata in parlamento con soli cinque voti contrati. L’ex prima ministra conservatrice Theresa May si era poi impegnata a raggiungere le zero emissioni entro il 2050, ed era stata seguita da Boris Johnson con obiettivi ancora più ambiziosi. Oggi però l’incarico è ricoperto da Rishi Sunak, che con gli occhi puntati su un’elezione che quasi certamente perderà, sta gettando nel tritacarne della guerra culturale quel poco di credibilità climatica rimasta al suo partito.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired UK.