giovedì, Luglio 3, 2025

Oro e petrolio, la guerra fa impennare i prezzi

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Dall’oro al petrolio, la guerra alza i prezzi delle materie prime. Se già in precedenza la situazione non aveva dato segnali di stabilità, le conseguenze sui mercati del lancio di droni e missili su Israele da parte dell’Iran rischia di alimentare ulteriori tensioni, soprattutto per quanto riguarda il costo delle materie prime. In particolare, come riporta Il Sole 24 Ore, l’oro era già prima degli eventi bellici della notte tra il 13 e il 14 aprile ai suoi massimi storici, mentre il petrolio viaggiava sopra i 90 dollari al barile.

Perché salgono i prezzi

Una mossa da Teheran era attesa sin dallo scorso 1 aprile, il giorno in cui Israele aveva attaccato, distruggendola in parte, la sede dell’ambasciata iraniana a Damasco. Un allarme in questo senso era peraltro arrivato anche dagli Stati Uniti, certi di una rappresaglia da parte del paese del presidente Ebrahim Raisi. Poiché un vecchio adagio apprezzato dagli operatori del mercato recita “buy the rumor, sell the news” (compra sulle voci, vendi sulla notizia), si era dunque registrata a cavallo tra marzo e aprile una volatilità importante.

Non fossero bastate le tensioni geopolitiche, ad alimentare il rialzo dei prezzi di oro e petrolio hanno infatti contribuito anche diversi altri fattori. Innanzitutto, l’instabilità degli scenari economici globali e, di conseguenza, quelli relativi alle politiche monetarie delle varie banche centrali. Un secondo fattore, non meno incisivo, è rappresentato poi dalla speculazione messa in atto dai fondi di investimento, che sono tornati a scommettere sui rincari delle materie prime. Tanto da aver portato alcuni analisti newyorkesi a ipotizzare manovre sospette sul mercato dell’oro.

Il caro petrolio

Per quanto riguarda il petrolio brent, le scommesse degli investitori hanno raggiunto il picco più alto degli ultimi due anni e mezzo. Rispetto a dicembre, quando il gruppo armato yemenita e filo iranianio Houthi ha iniziato ad attaccare le navi nel mar Rosso, complice anche la crescente scarsità della sua offerta, il suo prezzo è aumentato di più del 20%, toccando quota 92,18 dollari al barile il 12 aprile. Il dato è molto vicino al livello raggiunto dopo il fatidico 7 ottobre, data dell’attacco di Hamas contro Israele.

Il futuro prossimo si preannuncia intanto pieno di incertezze. A differenza della ritorsione dell’Iran, che era attesa da tutti gli operatori del mercato, quanto accadrà tra primavera ed estate è un’incognita. Per tale ragione, molti fondi e investitori privati potrebbero aspettare prima di scegliere i loro prossimi passi. Questi ultimi diventerebbero peraltro ancora più difficili nel caso in cui le potenze del golfo persico dovessero essere direttamente coinvolte nel conflitto: si pensi per esempio all’Arabia Saudita, uno dei principali produttori mondiali di greggio. Tale scenario, oggi improbabile, non è del tutto impossibile: nel 2019 gli stessi Houthi avevano colpito con dei missili alcuni impianti petroliferi sauditi, mentre nel 2022 si erano resi protagonisti di una manovra simile negli Emirati arabi uniti.

Il nodo del Mar Rosso

Un’altra minaccia è rappresentata dall’ipotesi di un blocco da parte dell’Iran dello stretto di Hormuz, il tratto di mare che separa il paese dall’Oman e collega il golfo persico con il mare Arabico. Si tratta di un punto altamente sensibile, considerato che vi transitano quotidianamente 20 milioni di barili tra greggio e prodotti raffinati. In questo senso, ha spaventato i mercati il sequestro avvenuto il 13 aprile da parte delle forze di Teheran della portacontainer Msc Aries, riconducibile a Israele.

Un blocco totale dello stretto sembrerebbe per ora comunque un’ipotesi remota, considerando che per l’Iran tale passaggio costituisce la via principale per esportare il proprio greggio, la cui quasi totalità vende in Cina. Questo non esclude tuttavia la possibilità che lo stato islamico metta in campo qualche strategia votata al disturbo della navigazione, anche di quella di chi preferisce tale traiettoria a quelle nel mar Rosso e dai suoi due punti di accesso, il canale di Suez e Bab-el-Mandeb.

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