giovedì, Giugno 19, 2025

Iran, il blocco di internet è l'ultimo pericolo da cui devono difendersi i civili

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Da un punto di vista tecnico, esistono diversi approcci per limitare la connettività. L’Iran ha sviluppato per anni una versione alternativa all’internet internazionale, una intranet nota come Nin (National information network). Secondo un’analisi di Freedom house, questa rete interna prevede diversi “livelli” di accesso al web e consente al governo di censurare i contenuti e spingere i cittadini verso le applicazioni iraniane, come i servizi di messaggistica alternativi, poco solidi sul fronte della privacy e della sicurezza.

Amir Rashidi, direttore dei diritti digitali e della sicurezza presso l’organizzazione per i diritti umani Miaan group, afferma che i recenti blackout sono coincisi con un aumento degli sforzi per spingere gli iraniani verso le app locali. “In un clima di paura, in cui le persone cercano semplicemente di rimanere in contatto con i propri cari, molti si rivolgono a queste piattaforme non sicure per disperazione“, ha scritto su X Rashidi, raccontando poi a Wired che una delle app di messaggistica che si è fatta notare in questi giorni nel paese è Bale. “Dal momento che sono ospitati su Nin, [questi servizi] funzionano anche durante i blocchi“, commenta.

L’Iran non è il primo paese a limitare l’accesso a internet e alle informazioni libere usando come pretesto ragioni di sicurezza (informatica e non), afferma il consulente indipendente e ricercatore Lukasz Olejnik. Nell’ultimo decennio, i casi in cui il web è stato “spento” in giro per il mondo sono aumentati in modo esponenziale, continua l’esperto. E le autorità in Myanmar, India, Russia e Bielorussia hanno tutte usato la sicurezza come scusa.

Le interruzioni di internet sono in gran parte inefficaci contro i cyberattacchi a livello statale nel mondo reale“, dice Olejnik, aggiungendo che i sistemi militari e le infrastrutture critiche, come le reti energetiche o i trasporti, operano in genere su reti separate che non sono accessibili via web.

Anche Alimardani definisce “poco chiari” i risvolti tecnici a sostegno delle tesi secondo cui le limitazioni di internet servirebbero a tutelare la sicurezza informatica. In ultima analisi, dice, l’obiettivo di questi sforzi potrebbe essere quello di controllare le persone all’interno dell’Iran. “La narrazione ufficiale dei canali d’informazione statali parla di una guerra intensa contro Israele e di una strada verso la vittoria – afferma Alimardani –. Un accesso libero e aperto ai media minerebbe questa narrazione e, nel peggiore dei casi, potrebbe incitare gli iraniani alla rivolta, erodendo ulteriormente il potere del regime“.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.

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