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E Reilly riesce benissimo nell’intento, inanellando dialoghi risibili e plot twist prevedibili senza un guizzo creativo o la volontà di azzardare un espediente narrativo anche vagamente temerario. Quella che funziona, almeno un po’, è la parte di lavoro affidata al talento atletico (quello attoriale è vicino allo zero) della Pataky nelle scene di combattimento. Elsa, non ce ne voglia, è un’attrice tremenda e senza un briciolo di autoironia, ma è una picchiatrice di un certo livello. Rispetto alle inverosimili eroine dell’action esili, scomposte ed eteree di tanti film di genere – da Angelina Jolie a Milla Jovovich – la Pataky ha il physique du rôle del caso, come una Gina Carano “wannabe“.
Chris Hemsworth in InterceptorNetflix
Elsa ha girato tutte le scene d’azione senza controfigura – e in particolare si fa ammirare in quella riprodotta nel poster, in cui si appende a un solo braccio (l’altro, ferito, se lo è legato con lo scotch, quello che viene via con le bombe) e saltare da uno scalino all’altro della piattaforma. Qualche soddisfazione la regalano le scene di combattimento con qualche esito particolarmente efferato e originale (cavare gli occhi a un avversario con una pistola scarica non è una brutta idea). Ovviamente JJ salverà il mondo del belloccio sciroccato (suvvia, non è uno spoiler, ci riescono sempre…) e ne riceve gloria e allori e quel riscatto che le fa ritrovare la fiducia nell’esercito (e nel grande popolo americano). L’epilogo suggella la consacrazione di Interceptor come degno erede di quei straight-to-video fast-food degli anni ’90 con cui amavamo sprecare le pigre serate casalinghe.