giovedì, Luglio 3, 2025

Fabbriche, come saranno quelle del futuro

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Che aspetto avranno le fabbriche del futuro? La metamorfosi degli ambienti produttivi ha subito un’accelerazione dovuta a fattori tecnologici (l’innovazione hardware e software), congiunturali (la diffusione del digitale indotta dal Covid) ed eminentemente locali (gli incentivi statali). Nonostante questo, le previsioni non sono facili.

Previsioni sbagliate

Il fatto è che non sempre le supposizioni si rivelano esatte – dice Marco Taisch, ordinario di Sustainable and digital manufacturing al Politecnico di Milano e presidente di Made, competence center sull’industria 4.0 -. Cinquant’anni fa circolava l’idea che gli stabilimenti del Duemila sarebbero stati scuri, senza luci, perché le macchine avrebbero operato senza bisogno di personale umano. Era sbagliato: gli operai sono rimasti”. 

Certo, il progresso tecnologico negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Per alcuni osservatori la contrazione dell’occupazione sarà sensibile, ma Taisch non condivide: “Le fabbriche del futuro saranno fatte di uomini, dati e sostenibilità. Il colletto blu, oltre al fare, dovrà assumersi la responsabilità di prendere delle decisioni, un tempo prerogativa dei colleghi che lavoravano in ufficio. Il digitale si metterà al servizio dell’uomo”. Dunque un tema appare imprescindibile: quello della formazione continua del personale e della cittadinanza. 

Misurare per risparmiare

Taisch prosegue nell’analisi degli stabilimenti del futuro. “Se nel passaggio dall’artigianato al fordismo si ottenevano volumi maggiori riducendo il numero di variabili, oggi – e, ancora di più, domani – le economie avanzate chiederanno personalizzazione. E velocità. La nuova sfida è quella del tempo di consegna – avverte il docente -. Ma per avere tutto e subito, come la generazione cresciuta con Amazon è abituata, il numero di opzioni disponibili dovrà essere necessariamente limitato”. Difficile stabilire dove si fermerà il pendolo del compromesso: l’abilità strategica consisterà nell’individuare il (temporaneo) punto di equilibrio. “Senza contare i problemi di chi serve mercati molto differenti per grado di sviluppo come quello occidentale e gli emergenti, con esigenze diverse“, dice Taisch: consumi sempre più individualizzati da una parte, produzione di massa dall’altra. 

Altro tema cruciale, quello dell’ambiente. Prosegue il docente: “I consumatori di domani saranno nativi sostenibili: già oggi mi capita di sentire studenti che calcolano l’impatto delle proprie scelte alimentari in termini di emissioni di anidride carbonica. Su questo aspetto, i giovani non sono disponibili a compromessi”. Ma per risparmiare energia – e ridurre le emissioni – è necessario monitorare i l’efficienza non solo aziendale, ma di ogni singolo macchinario, spacchettando i dati. Tecnicamente sarebbe già possibile, “ma per molti imprenditori, soprattutto piccoli e medi, è ancora fantascienza”, rileva il professore. 

Un centro di competenze

Per far “assaggiare” le innovazioni e accompagnare le aziende nel futuro è nato Made, realtà milanese con sede nel quartiere Bovisa, nei locali del Politecnico di Milano. Si tratta di un competence center, un complesso simula una fabbrica digitale, realizzando attività di orientamento, formazione e aiuto alle imprese nel trasferimento tecnologico. Nato per iniziativa del ministero dello Sviluppo economico, coinvolge oltre cinquanta partner. Gli oltre 1.600 metri quadri sono suddivisi in sei aree tematiche, dal virtual design alla robotica collaborativa, dalla manutenzione predittiva al gemello digitale, per mostrare agli imprenditori un’anteprima di quello che sta per accadere. 

Nei primi due anni di attività sono state 1.870 le aziende accompagnate nel processo – afferma Taisch -. Nonostante il settore manifatturiero italiano sia ai primi posti a livello europeo, siamo al diciottesimo posto su ventisette Paesi per livello di digitalizzazione”. In ventiquattro mesi sono stati erogati 210 corsi, cui hanno preso parte oltre quattromila partecipanti. La realtà milanese è uno degli otto competence center italiani, cui è stato affidato il compito di traghettare l’industria nazionale nel 2030. Sfida complessa, ma necessaria. Anche per le piccole realtà quasi-artigianali che caratterizzano la Penisola. 

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