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In Cina, i ricercatori di Comprehensive National Science Center hanno annunciato di aver creato un’intelligenza artificiale in grado di misurare la lealtà dei membri del Partito Comunista Cinese. Il primo media a riportare la notizia è stato il Sunday Times. Sia il video che l’articolo originali dell’istituto di ricerca sono stati successivamente cancellati. Il software, secondo quanto spiegato nel video, sarebbe in grado di analizzare gli impulsi cerebrali e le espressioni facciali per trarre conclusioni su quanto “l’educazione del pensiero” sia stata efficace su diversi soggetti. L’obiettivo sarebbe quello di “consolidare la loro determinazione a essere grati al partito, ad ascoltare il partito e a seguire il partito”.
Nel video, riporta il magazine VOA, si vedeva una persona che scorreva del materiale online: l’istituto affermava che il software stava monitorando le sue reazioni per verificare quanto fosse recettivo ai contenuti “educativi” promossi dalle autorità. L’annuncio ha suscitato diverse proteste tra i cittadini cinesi, riporta sempre VOA.
Secondo gli esperti è difficile provare la veridicità di quanto dichiarato dall’istituto senza conoscere a fondo i dettagli del progetto di ricerca. “Non ci sono ancora metodi affidabili per suggerire che una scansione delle onde cerebrali o il riconoscimento facciale possano indicare accuratamente la lealtà di qualcuno”, scrive Lance B. Eliot, esperto di intelligenza artificiale e machine learning su Forbes. “Anche aspetti presumibilmente basilari, come la possibilità di correlare in modo affidabile queste scansioni al fatto che una persona sia felice o triste, sono ancora oggetto di accesi dibattiti. Ampliare il discorso a qualcosa di così amorfo e variabile come la lealtà è un passo troppo lungo”.
Tuttavia, l’idea di un software dedicato a testare la fedeltà a un regime dittatoriale desta ovviamente preoccupazione. Soprattutto dato l’esteso utilizzo di tecnologie digitali da parte del regime di Pechino per rafforzare il controllo sui suoi cittadini. Tecniche di sorveglianza tramite riconoscimento facciale sono state impiegate dalle autorità della Repubblica Popolare nella provincia dello Xingjang per sorvegliare i cittadini di etnia uigura. Inoltre, l’anno scorso la provincia dell’Henan, nel nord-est del paese, ha implementato un complesso sistema di sorveglianza da utilizzare contro giornalisti e attivisti, cittadini stranieri e altri soggetti giudicati “sospetti”. In Cina è in uso il sistema noto come “one person, one file”, che permette di raccogliere e organizzare tutte le informazioni su un singolo individuo, oltre alle pratiche di sorveglianza di massa contro minoranze etniche e dissidenti.
“Quando questo tipo di intelligenza artificiale viene sfruttata per il controllo governativo”, aggiunge Eliot, “si è già superata una linea”.