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Un utente di 4chan sostiene di essere riuscito a penetrare nell’account iCloud di Hunter Biden, il secondogenito del presidente degli Stati Uniti. Avrebbe esfiltrato 450 GB di dati – cronologia, messaggi, video e foto – parte dei quali sono già stati condivisi sottoforma di screenshot. Al momento, la veridicità delle informazioni rese pubbliche non è ancora stata confermata.
Gli utenti di 4Chan stanno procedendo all’esame del backup offline dell’iPhone e dell’iPad di Biden. Gli screenshot pubblicati contengono scambi di messaggi di testo, liste i password utilizzate e cronologie personali – compresi dettagli sulle abitudini del figlio del presidente riguardo la pornografia. Lo scambio di informazioni sul presunto leak sta avvenendo sulla board di 4chan denominata /pol/, abbreviazione di “Politically Incorrect”, famosa per dare spazio a contenuti di stampo conservatore, di estrema destra e a teorie del complotto.
I servizi segreti USA hanno affermato ieri di essere al corrente del possibile leak. “Al momento non siamo in grado di fare commenti pubblici su potenziali azioni investigative, ma posso assicurarvi che i Servizi Segreti, insieme ad altri partner delle forze dell’ordine federali, sono a conoscenza dei post sui social media e delle affermazioni che fanno riferimento al signor Biden”, ha detto un portavoce dei servizi.
Non è la prima volta che Hunter Biden finisce al centro di uno scandalo legato alle sue attività online. Nel 2020 il tabloid The New York Post aveva pubblicato uno scoop basato sui contenuti di un computer- che da un repair shop in Delaware sarebbe passato alle mani del magazine di New York, passando per i legali di Rudy Giuliani – che sembrava appartenere proprio a Biden. Alcune delle email trapelate riguardavano i rapporti che il figlio dell’allora vicepresidente aveva intrattenuto con un’azienda Ucraina accusata di corruzione, nonché con un uomo d’affari cinese sospettato di frode.
La storia riportata dal tabloid aveva diversi problemi di credibilità giornalistica – tanto che uno dei reporter che ci aveva lavorato si era rifiutato di firmarla con il suo nome – ma aveva acceso gli animi dei sostenitori di Trump e della destra statunitense, ansiosi di provare la corruzione della famiglia Biden a un passo dalle elezioni presidenziali. Per un periodo Facebook e Twitter hanno limitato la diffusione della storia del New York Post. A marzo di quest’anno il New York Times e il Washington Post sono stati in grado di verificare l’autenticità di alcune delle mail contenute nel computer, anche se la maggioranza delle informazioni trapelate in quell’occasione rimane non confermata. Al momento un’investigazione federale sulle attività di business di Hunter Biden all’estero è ancora in corso.