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Un balzo in alto del 24,68% in sole 48 ore. Dopo aver debuttato a Wall Street con un prezzo dell’offerta pubblica iniziale (Ipo) pari a 51 dollari lo scorso 13 settembre, Arm, società che sviluppa progetti e tecnologie per microchip, ha visto il valore del proprio titolo chiudere la giornata successiva (aperta a 56,10 dollari) a quota 63,59 dollari.
Lo riporta l’agenzia Reuters, specificando che la società produttrice di chip inglese acquisita da SoftBank nel 2016 per 32 miliardi di dollari ha raggiunto in poche ore la valutazione di 65 miliardi di dollari al suo ritorno sui mercati pubblici dopo un’assenza lunga sette anni. È la quotazione più importante a Wall Street degli ultimi due anni.
Il risultato ottenuto dalla società di Cambridge, che ha progettato l’architettura dei chip presenti nel 99% degli smartphone e nel 70% di tutti i prodotti tecnologici usati nel mondo, conforta gli addetti ai lavori sulla possibilità che la domanda per le Ipo da parte degli investitori torni a crescere, dopo due anni complicati a causa delle tensioni geopolitiche ed economiche. E questo soprattutto nei casi in cui esse dovessero riguardare società impegnate nel settore dell’intelligenza artificiale.
Non solo, però: dopo Arm, diverse altre importanti realtà globali sono già pronte a quotarsi in borsa. Per esempio, sono prossime a farlo la società di servizi di consegna di generi alimentari Instacart, la piattaforma di automazione del marketing Klaviyo e la produttrice di calzature tedesca Birkenstock. Nel caso in cui anche queste Ipo dovessero avere successo, secondo gli analisti tante altre società potrebbero valutare l’ingresso nel mercato azionario nel 2024.
Dopo aver confermato l’entusiasmo dell’amministratore delegato di SoftBank Masayoshi Son nei confronti di Arm, il direttore finanziario della società britannica Jason Child ha affermato che in futuro le vendite potrebbero addirittura aumentare, considerando che l’azienda riceve commissioni pari al 5% sui chip realizzati con le tecnologie più recenti. Una quota più alta rispetto al 3% che incassava in precedenza.