martedì, Dicembre 10, 2024

Coscienza, ce l'hanno anche insetti e molluschi?

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Non solo cani, gatti o altri mammiferi. Ad avere un certo grado di coscienza ci sarebbero anche gli insetti e i pesci. A sostenerlo è un gruppo di 40 scienziati circa che ha appena firmato una dichiarazione chiamata The New York Declaration on Animal Consciousness (Dichiarazione di New York sulla coscienza animale), per chiedere un riconoscimento formale della coscienza animale e cambiare il modo in cui studiamo e trattiamo gli altri esseri viventi. Secondo gli esperti, infatti, c’è una sempre crescente mole di studi che ha analizzato come funziona il cervello degli animali, evidenziando che esisterebbe una “possibilità realistica” che un’incredibile gamma di specie del regno animale sperimenti appunto una coscienza.

Le prove scientifiche

I pesci riconoscerebbero il loro riflesso in uno specchio, mentre le api giocherebbero con palline di legno, apparentemente per “divertimento”. Queste e altre scoperte sono arrivate frammentariamente nel corso dei decenni, man mano che la comunità scientifica studiava una specie o l’altra. Esaminarle tutte insieme, quindi, ha spinto il gruppo di scienziati ad affermare che esiste “un forte supporto scientifico per le attribuzioni di esperienza cosciente” nei mammiferi e negli uccelli e “almeno una possibilità realistica di esperienza cosciente” nei pesci, anfibi, rettili e molti invertebrati, come molluschi, crostacei e insetti.

Quali animali hanno una coscienza?

Questa, tuttavia, è un’affermazione enorme che non viene affatto condivisa da tutti gli scienziati. Per prima cosa perché non esiste una definizione di coscienza ampiamente accettata. In questo caso, nella dichiarazione la si definisce come “sensibilità”, e include esperienze sensoriali come gusto, tatto e olfatto. I firmatari, inoltre, affermano che gli animali possono avere esperienze coscienti buone, come il divertimento, e cattive, tra cui dolore o paura. E fin qui nulla di nuovo: decenni di ricerche, infatti, supportano l’idea che animali altamente intelligenti come gli scimpanzé e i corvi mostrano prove di coscienza, tra cui imparare il linguaggio, usare strumenti e avere strutture sociali complesse.

La coscienza nei pesci e negli insetti

Secondo la dichiarazione, tuttavia, ci sarebbe una “possibilità realistica” che questa idea possa essere applicata anche a una vastissima gamma di altre specie, tra cui pesci, anfibi, rettili e insetti. Per esempio, ricordano gli esperti, uno studio, chiamato Curiosity in zebrafish, ha dimostrato l’interesse di questi pesci quando vengono introdotti nuovi oggetti nei loro acquari. I ricercatori della Queen Mary University di Londra, invece, hanno scoperto che i bombi interagiscono con gli oggetti solo per “divertimento”, come per esempio giocare con delle palle di legno. Mentre un team della Osaka City University ha evidenziato prove che un labride pulitore può riconoscere il proprio riflesso in uno specchio. E ancora: uno studio del 2020 sulle seppie ha scoperto che questi cefalopodi possono ricordare eventi passati, mentre uno studio successivo ha mostrato come i polpi evitano i posti in cui hanno avuto esperienze dolorose e rispondo positivamente ai trattamenti antidolorifici.

Si tratta di una coscienza simile alla nostra?

Se questi studi suggeriscono qualcosa di simile a un’esperienza cosciente dipende molto da come viene definita la coscienza. Un altro problema è che gli esperimenti che esaminano la coscienza spesso la inquadrano in termini umani. “Sembra improbabile che il tipo di coscienza che hanno i rettili sia simile al tipo di coscienza che hanno gli esseri umani”, ha commentato Noam Miller della Wilfrid Laurier University in Ontario (Canada). Anche se l’esperienza cosciente non da escludere, “non dovremmo aspettarci che la loro coscienza assomigli alla nostra”. Tuttavia, “una volta riconosciuti gli animali come senzienti, il concetto di macellazione inizia ad avere importanza, ed è necessario assicurarsi che il tipo di metodi che si utilizzano su di essi siano umani”, ha dichiarato alla Nbc Jonathan Birch, tra i primi firmatari della Dichiarazione di New York. “Quando esiste una possibilità realistica di esperienza cosciente in un animale, è irresponsabile ignorare tale possibilità nelle decisioni che riguardano quell’animale. Dovremmo considerare i rischi per il benessere e utilizzare le prove per informare le nostre risposte a questi rischi”, hanno evidenziato i firmatari.

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