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Aciman, che è uno dei rari scrittori contemporanei che non si vergogna di essere spudoratamente romantico, descrive bene la fretta che ogni amore nascente ha di darsi dei rituali, come fossero dei picchetti che ancorano una tenda al terreno perché non voli via al primo colpo di vento.
Ristoranti mediocri che diventano abituali, piatti ordinati come una specie di scaramanzia, caffè presi rigorosamente al bar dell’italiano Pirro – questa è la parte in cui Aciman, da sempre innamorato dell’Italia (come è evidente da Chiamami col tuo nome in poi), sfoga la sua passione per Napoli. E poi c’è la High Line.
Ogni camminata d’innamoramento che si rispetti deve avere la propria ambientazione. La High Line è un percorso verde sopraelevato costruito lungo la vecchia West Side Line, una linea ferroviaria che percorreva il lato ovest di Manhattan da nord a sud, da Hudson Yards fino al Meatpacking District. Ed è anche il terzo personaggio della storia di Catherine e Paul, il posto in cui accade il primo abbraccio, quello dove fanno incontri importanti e dove fantasticano su quello che potrebbe essere un futuro.
Leggendo Idillio sulla High Line non si può fare a meno di pensare a un film del regista americano Linklater, Prima dell’alba, diventato una trilogia. Anche lì, per le strade di Vienna, Jesse e Céline si innamorano passeggiando – o passeggiano innamorandosi – ragionando su vita, amore, morte, dandosi baci e mani, struggendosi fortissimamente e promettendosi di rivedersi, un giorno, tra un anno, una vita.
Nel libro di André Aciman, che parla di seconde possibilità e di sliding doors inforcate un istante prima che diventasse tardi, ci sono più capelli grigi, ma molti meno patemi d’animo, quasi a dirci che incontrarsi quarant’anni dopo, tutto sommato, è meglio: visto che le cose che ci parevano giuste le abbiamo portate a termine tutte, possiamo serenamente concederci di sparigliare tutto e di seguire, finalmente, il nostro desiderio.