venerdì, Settembre 29, 2023

Patrick Zaki al Wired Next Fest: “Dobbiamo fare di più per la democrazia”

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È Patrick Zaki ad aprire il Wired Next Fest 2022 di Firenze, che segna il ritorno dal vivo più importante festival italiano dedicato all’innovazione e a partecipazione gratuita. In collegamento con la suggestiva cornice del Salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, l’attivista egiziano esordisce rassicurando il pubblico del Wnf. “Sto bene”, dice.

La vicenda che vede suo malgrado protagonista Zaki è al centro delle cronache italiane e internazionali da oltre due anni. Il 7 febbraio 2020, l’attivista egiziano – che stava completando un master in studi di genere all’Università di Bologna – è stato arrestato all’aeroporto del Cairo, dove era tornato in vacanza. Tra le accuse mosse a Zaki – etichettate come false e pretestuose dagli osservatori internazionali – ci sono la minaccia alla sicurezza nazionale e la diffusione di notizie false, con particolare riferimento ad alcuni post pubblicati su Facebook.

Dopo il fermo, Zaki è stato torturato e oggetto di vari abusi. La sua detenzione preventiva era stata prolungata numerose volte in attesa dell’inizio del processo, la cui prima udienza si è tenuta il 14 settembre. Il 7 dicembre è arrivato l’ordine di scarcerazione, diventato effettivo il giorno seguente. Zaki, tuttavia, non è stato assolto e dovrà affrontare un processo in Egitto; nel caso di condanna, rischia fino a cinque anni di carcere.

Il procedimento è iniziato a settembre. Sono finito in tribunale per un articolo sulla situazione della minoranza cristiana copta [in Egitto, ndr] – racconta Zaki –. Adesso rischio molto. Il mio è un caso che ha a che fare con la libertà di espressione“.

Sull’importanza dei social media e della tecnologia per documentare i casi di violazioni dei diritti umani, Zaki spiega che le piattaforme hanno “un ruolo essenziale” nel portare alla luce situazioni che altrimenti non godrebbero della stessa visibilità, come dimostrato per esempio dalle primavere arabe in Egitto e Tunisia.

Quando si parla di tutelare i diritti umani e denunciare le violazioni, le piattaforme possono però diventare un’arma a doppio taglio. I governi di tutto il mondo, infatti, hanno via via acquisito sempre una sempre maggiore familiarità con la tecnologia, che piegano a loro favore sorvegliando dissidenti e oppositori. Zaki sottolinea come la situazione attualmente sia “molto diversa rispetto a dieci anni fa”, per via del “maggiore controllo sulle opinioni”, evidenziando come “dobbiamo fare di più per la democrazia”.

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