venerdì, Ottobre 25, 2024

Parlamento, quello che non funziona

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La diciannovesima legislatura inizierà ufficialmente il giovedì 13 ottobre, quando si terrà la prima seduta alla Camera dei deputati. E mentre tutti sono concentrati sulla lista dei ministri che Giorgia Meloni sottoporrà al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, passano un po’ troppo sotto traccia una serie di questioni apparentemente “tecniche” che potrebbero condizionare negativamente i lavori dei due rami del Parlamento, squalificando (e di molto) il lavoro delle elette e degli eletti. Problemi derivati dal combinato disposto tra una pessima legge elettorale, il famigerato “Rosatellum” di fabbricazione renziana e il taglio dei parlamentari fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle. Problemi che andavano probabilmente risolti prima dello scioglimento delle Camere intervenendo sui regolamenti ma che sono rimasti – insieme a molto, molto altro – degli irrisolti.

  1. Le commissioni parlamentari
  2. Le donne elette

Le commissioni parlamentari

Il taglio dei deputati e dei senatori (i primi passano da 630 a 400, i secondi da 315 a 200), ridotti di un terzo rispetto a tutte le assemblee che si sono avvicendate dal 1948 ad oggi, influirà pesantemente sulla composizione delle commissioni nei due rami del Parlamento. Commissioni che – va ricordato – sono fondamentali per lo svolgimento dei lavori perché è in quelle sedi che vengono discusse ed emendate le leggi che poi arrivano nelle aule. Deputati e senatori nominati nelle commissioni dovranno occuparsi, tra le altre cose, della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Def), della Legge di bilancio, dei ddl varati dal precedente governo che andranno a scadere, dei pareri necessari all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

A Palazzo Madama, dove è stato modificato il regolamento, le commissioni passano da 14 a 10: saranno accorpate gli esteri con la difesa, l’ambiente con i lavori pubblici, l’industria con l’agricoltura, il lavoro con la sanità. Nulla di fatto a Montecitorio, dove, a causa di una serie di veti incrociati, non è stato fatto lo stesso provocando un pericoloso disallineamento tra le due aule che potrebbe rallentare i lavori, almeno fino a quando la nuova giunta per il regolamento, che farà capo al prossimo presidente della Camera, non darà la medesima sforbiciata. Tempi previsti: fine del 2022, a lavori già in corso. 

Altra questione non da poco, sarà la qualità del lavoro dei nuovi eletti, soprattutto al Senato. Molti gruppi tra cui Azione-Italia Viva, Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Lega, avranno due senatori per ogni commissione, tradotto: molte più competenze discusse ed emendate da molti meno eletti. Questo provocherà inevitabilmente un aggravio dei lavori per gli uffici tecnici dei ministeri (che rischiano un effetto “imbuto”) e per i sindacati ispettivi (gli organi che certificano la validità e i conflitti di competenze dei testi presentati dai parlamentari). Insomma, ciò che avrebbe dovuto snellire, rischia di appesantire ulteriormente un sistema istituzionale già lento, rallentando la discussione delle leggi.

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